Il picco si raggiunge nelle settimane della vendemmia. Sempre più turisti, soprattutto provenienti da centri urbani italiani e stranieri, chiedono di essere coinvolti in questo momento importantissimo dell’annata agraria. La raccolta manuale dell’uva diventa così un’esperienza turistica e didattica, che avvicina all’affascinante mondo del vino un pubblico crescente di appassionati promuovendo spesso territori lontani dai classici itinerari ma ricchi di eccellenze artigianali, a partire dai prodotti enogastronomici.
Se la vendemmia ne rappresenta il clou, ormai il turismo enologico – con le visite a cantine, gli assaggi e le degustazioni, le pratiche esperienziali – è diventato un fenomeno annuale. E riveste un ruolo sempre più rilevante nel movimento turistico italiano in generale e soprattutto nel turismo enogastronomico e nel turismo esperienziale, quello dove ci si “sporca” le mani e si finisce per essere coinvolti in attività manuali ritenute a torto desuete, pratiche di coltivazione tradizionale in testa.
Quanti sono i vacanzieri che si dedicano al turismo enologico non limitandosi alla gita fuori porta ma pernottando perlomeno una notte fuori casa in strutture alberghiere e spesso extra-alberghiere? Una indagine di CNA Turismo e Commercio condotta in tutta Italia prevede che quest’anno saranno oltre dieci milioni, di cui circa tre milioni stranieri, per un movimento economico quantificabile intorno ai 2,5 miliardi di euro. Gli enoturisti provenienti da oltre confine nel 2023 arriveranno principalmente da Francia, Germania, Regno Unito, Austria, per quanto riguarda l’Europa, e da Stati Uniti d’America e Giappone, fuori dal Vecchio Continente. La maggioranza degli enoturisti incastona l’esperienza vinicola in una vacanza più lunga, magari deviando per un giorno o due dall’itinerario prestabilito.