La provincia aquilana “salva” i dati dell’export abruzzese nel 2020, soprattutto grazie alle straordinarie performance realizzate dal comparto farmaceutico sul mercato americano, e in parte anche da quello elettronico. Lo rivela uno studio realizzato per CNA Abruzzo da Aldo Ronci, su dati Istat, secondo cui nell’anno segnato dai drammatici riflessi provocati dalla pandemia sull’economia regionale, l’andamento delle esportazioni non ha certo fatto eccezione, se non fosse per l’anomalia aquilana.
“Tra il 2019 e il 2020 – illustra l’autore dello studio – si è registrato un saldo negativo di 541 milioni di euro: 8 miliardi e 171 milioni di euro contro 8 miliardi e 712 milioni di euro dell’anno precedente. Un buco nei conti del ‘made in Abruzzo’, che è pure il peggiore degli ultimi cinque anni, e che vale una flessione del 6,2%. Inferiore tuttavia a quella nazionale, precipitata al 9,7%».
Il settore farmaceutico, e come detto in misura più ridotta anche l’elettronica, sono riusciti ad attenuare, anche se solo in parte, le negatività accumulate da altri settori produttivi in altri territori. A confermarlo, ad esempio, è il confronto tra i dati della provincia aquilana e quelli del chietino, tradizionale roccaforte delle esportazioni regionali grazie al comparto dell’automotive: perché a fronte del 320 milioni (+48%) di incremento registrati all’Aquila (271 dei quali procurati dai medicinali, 38 dalle apparecchiature elettroniche) fa da contraltare la flessione di 674 (-10,9%) subita dalla provincia dove a farla da padrone è la produzione di mezzi di trasporto, grazie alla presenza di corazzate che portano il nome della Sevel o della Honda. Un settore che, di suo, contribuisce al decremento totale della provincia con ben 489 milioni.
Detto dei due risultati che, nel bene e nel male, segnano in modo più profondo l’andamento dell’export nel 2020, non resta che gettare uno sguardo alle altre due province. Con L’Aquila, conserva il segno positivo solo il pescarese, visto l’aumento di 25 milioni di euro (+5,2%): ed anche in questo caso con un contributo rilevante della farmaceutica. Va male invece, all’opposto, il teramano: all’appello mancano ben 212 milioni, gran parte dei quali frutto del bilancio pesantemente negativo del suo comparto più conosciuto, l’abbigliamento: -91 milioni di euro.