I produttori agricoli di prodotti selvatici non legnosi possono applicare il regime forfettario (previsto dalla legge 190/2014) usufruendo di fatto della sola esclusione da Iva, in quanto ai fini delle imposte dirette comunque rientrano nel reddito agrario. Lo prevede l’articolo 1, comma 699, della legge di Bilancio 2019 (legge 145/2018 ).
Appare comunque anomalo inquadrare in un regime tipico del reddito di impresa dei soggetti che realizzano un reddito agrario e quindi di natura catastale. I prodotti selvatici non legnosi sono indicati nella relazione di accompagnamento alla legge di bilancio nel modo seguente: funghi, tartufi, bacche, frutta in guscio, balata e altre gomme simili al caucciù, sughero, gommalacca e resine, balsami, crine vegetale, crine marino, ghiande, frutti dell’ippocastano, muschi e licheni. A questi prodotti vengono aggiunte le piante officinali spontanee.
La norma distingue fra soggetti produttori e soggetti raccoglitori. I produttori sono coloro che gestiscono la produzione di prodotti selvatici non legnosi. Se realizzano un volume d’affari superiore al limite di 7mila euro, ma non a 65mila euro, essi hanno facoltà di applicare il regime forfettario previsto per le persone fisiche che svolgono attività di impresa o professionale (articolo 1 commi 54 e seguenti della legge n. 190/2014 modificato dalla legge di bilancio 2019). Questo significa che per tale attività gli agricoltori, non osservano gli adempimenti Iva, mentre ai fini delle imposte dirette la norma dispone che essi rientrano nel reddito agrario. La norma dovrebbe riguardare i prodotti selvatici non legnosi coltivati in quanto nella classe Ateco 2.30 si trovano i medesimi prodotti raccolti. Quindi se questi prodotti sono ottenuti dalla gestione (conduzione), la relativa vendita non deve essere sottoposta a fatturazione con Iva (ma esclusa da imposta) e nemmeno ad autofatturazione da parte degli acquirenti. La autofattura deve essere emessa se i produttori agricoli sono in regime di esonero Iva in base all’articolo 34, comma 6, del Dpr 633/72.
Per quanto riguarda invece i raccoglitori di questi prodotti ed in particolare di tartufo, i primi sono regolati dal comma 698 che individua i raccoglitori occasionali in coloro che non superano un volume d’affari di 7mila euro. Questi soggetti devono assolvere l’imposta sostitutiva di 100 euro che è dovuta dalle persone fisiche in possesso del titolo di raccolta rilasciato dalla Regione o enti subordinati, che svolgono le attività di raccolta in modo occasionale e non al fine esclusivo dell’autoconsumo. L’imposta è sostitutiva dell’Irpef e relative addizionali ed è versata entro il 16 febbraio dell’anno di competenza.
Viene introdotto l’articolo 34-ter del Dpr 633/72 che prevede il regime di esonero ai fini dell’Iva per i raccoglitori occasionali di prodotti selvatici non legnosi, nonché di piante officinali spontanee, che nell’anno precedente abbiano realizzato un volume d’affari non superiore a 7.000 euro; tali soggetti sono esonerati dal versamento dell’imposta e da tutti gli obblighi documentali e contabili compresa la dichiarazione annuale. Appare non in linea con le regole istitutive dell’Iva prevedere un regime di esonero Iva per un soggetto che volge una attività occasionale, che lo mette fuori dal campo di applicazione dell’imposta.