Lavorare su area vasta? Ormai una necessità, per le associazioni e per le istituzioni. Il problema del territorio e della politica? La mancanza di progettualità. Il futuro? Modena può rimanere un’eccellenza, a patto di recuperare attrattività e coesione. Sono alcune delle tesi emerse dal dibattito che si è tenuto lunedì 6 luglio alla CNA di Modena, una discussione alla quale hanno preso parte Umberto Venturi, presidente dell’Associazione modenese, Valter Caiumi e Giorgio Vecchi, presidenti rispettivamente di Confindustria e Confcommercio, e William Ballotta, segretario della Uil Centro Emilia.
Ad aprire la serata è stato Guido Caselli, direttore del centro studi di Unioncamere Emilia Romagna, che, forte dei numeri, ha parlato di una Modena che, anche a causa del sisma 2012, ha viaggiato meno forte delle altre province ma che accelererà in futuro, un futuro nel quale rimaniamo sospesi tra un “non più” e un “non ancora”, condizione che ci costringe a pensare a uno sviluppo basato su modelli nuovi. E tra questi modelli nuovi i relatori hanno parlato della necessità di ragionare a livello di area vasta, percorso iniziato da CNA, Confindustria e già perseguito dalla Cisl, con la fusione con Reggio Emilia. “Non solo e non tanto per raggiungere dimensioni in grado di permettere una maggiore efficienza economica – ha commentato in proposito Ballotta – ma per recuperare nuove progettualità”.
“In un mondo più grande – ha aggiunto Caiumi – serve essere più performanti e l’aggregazione consente di risparmiare energie evitando duplicazioni inutili”. Un percorso da intraprendere senza paure di sudditanza, ad esempio nei confronti di Bologna. Da questo punto di vista tutti d’accordo sul fatto che Bologna Capitale non rappresenti una minaccia, se il capoluogo saprà essere al servizio del territorio. Tutti d’accordo anche sul fatto che questa marcia verso le aree vaste s’inserisca in un contesto in cui manca un progetto nazionale, lacuna che non deve suonare come un alibi, ma che rischia di rendere questo percorso piuttosto frammentato.
Non è mancata l’autocritica rispetto alla rappresentanza, una disaffezione che coinvolge in modo diretto la politica, ma anche le associazioni. “Ai cittadini e alle associazioni serve una politica alta, cioè una politica capace di progettualità e che sia lontana dagli individualismi, perché senza progetti non c’è futuro”, hanno convenuto i quattro relatori. “Non è casuale che la comunità, come ha dimostrato il terremoto, dia il meglio di sé nelle situazioni di emergenza. Ma non possiamo vivere sempre in perenna emergenza. Questa consapevolezza ha contribuito a creare una palese disaffezione nei confronti della politica”, ha sottolineato Venturi. Disaffezione che non esclude le associazioni: “Da questo punto di vista qualche responsabilità l’abbiamo avuta anche noi, spostando l’asse della nostra attività sui servizi. Quindi anche a noi spetta il compito di essere progettuali: non possiamo fermarci alla rivendicazione”, osserva Giorgio Vecchi.
Tutti d’accordo sulle potenzialità del modello Modena e su un futuro che può essere roseo, ma a determinate condizioni, “anche se la ricetta definitiva in questo senso non l’ha nessuno”, sottolinea Venturi. Esistono piuttosto delle precondizioni, a cominciare dall’attrattività del territorio, che non deve guardare alle multinazionali come a una minaccia, per continuare con la consapevolezza delle potenzialità, ma anche dei cambiamenti in atto, mutamenti che comportano la necessità di pensare al mondo digitale (“forse – ha commentato Caiumi – oggi sono più importanti le autostrade digitali di quelle stradali”) e a una crescita dimensionale delle imprese che può passare anche attraverso le reti aziendali. Il tutto all’insegna di un patto sociale che va ben al di là di un accordo sindacale.