La bozza del decreto di modifica del Codice Appalti non piace agli artigiani dell’impiantistica che, in particolare, criticano con forza le modifiche al subappalto. Non bastava infatti aver apportato al D.lgs 50/2016 la modifica che limitava il calcolo del tetto del 30 per cento del subappalto solo sull’importo della categoria prevalente e non più sull’intero ammontare del contratto; ora si permette anche al titolare dell’appalto, con la modifica del comma 22 dell’articolo 105, di poter usufruire di una quota di qualificazione derivante dal lavoro dei subappaltatori. Una vera e propria marcia indietro che premia le cosiddette “scatole vuote” e penalizza le imprese dei settori specialistici; in pratica, si liberalizza il subappalto e si consente di ottenere le qualificazioni SOA senza materialmente svolgere il lavoro.
“Tutto molto negativo – è l’opinione del neoportavoce provinciale della Cna Impiantisti si Ascoli Piceno, Giuseppe Biancucci – per la crescita qualitativa del settore ed una sorta di ritorno al passato quando le imprese generali conseguivano o arricchivano le loro qualificazioni nelle categorie specialistiche sfruttando il lavoro di altri. La Direttiva Europea 2014/24/UE, tra l’altro, consente alle stazioni appaltanti di imporre precisi requisiti alle imprese appaltatrici in merito alla loro reale capacità, in termini di risorse umane, tecniche e di esperienza professionale, di realizzare effettivamente il lavoro oggetto di appalto. Le piccole imprese hanno bisogno di certezza nei pagamenti e di non essere considerate, come troppo spesso accade, l’ultima ruota del carro”.
Se a ciò aggiungiamo che le modifiche proposte riguardano ormai 100 articoli sui 254 di cui si compone il Codice possiamo affermare di trovarci di fronte non certo ad un correttivo, ma ad una vera e propria riscrittura che va ben oltre la delega conferita al Parlamento. “Faremo tutto il possibile – prosegue Biancucci – per evitare questa deriva che, negli anni, ha prodotto un sistema che ha progressivamente portato alla dequalificazione del settore delle opere pubbliche con i conseguenti fenomeni distorsivi. Le Ati, ovvero i consorzi fra imprese, dovevano essere un argine ai subappalti selvaggi. Ma se poi in queste associazioni temporanee di imprese, nei fatti, la normativa crea figli e figliastri, che stimolo hanno i piccoli a continuare con il vecchio, e come si è visto spesso pericoloso, sistema del subappalto?”.
Il mercato, anche quello delle opere pubbliche, sta cambiando e l’impiantistica oggi costituisce il 33 per cento del valore della produzione di tutto il settore delle costruzioni. “Nel 2015 – precisa Francesco Balloni, direttore della Cna Picena – il mercato dei lavori pubblici che prevedono opere di installazione, manutenzione e gestione di impianti civili ed industriali è salito del 4,5 per cento rispetto al 2014 ed ha ormai raggiunto il 67 per cento del totale degli appalti”.
“Di fronte a questi numeri – conclude il presidente della Cna di Ascoli, Luigi Passaretti – c’è ancora qualcuno, a livello legislativo nazionale, che pur di non vedere la realtà è disposto a voltarsi da un’altra parte o a nascondere come gli struzzi la testa sotto la sabbia? E il tutto a grave danno delle nostre piccole imprese”.