“Artigiani, micro e piccole imprese hanno perso perlomeno il 30 per cento del credito di cui godevano prima della crisi finanziaria di quindici anni fa. E non mi pare ci sia l’intenzione di invertire questa tendenza. Anzi. Nel frattempo hanno chiuso migliaia di sportelli e la desertificazione bancaria avanza soprattutto nelle aree periferiche. A combatterla siamo noi con le nostre associazioni e con i Confidi. Siamo noi che ascoltiamo i problemi, i lamenti, i suggerimenti degli artigiani, dei piccoli imprenditori, che sono la parte più consistente, i soli nelle aree periferiche, dell’Italia che produce. Ancora una volta a garantire la tenuta del sistema e a fare da cinghia di trasmissione tra chi agisce e chi decide è, insomma, il sistema della rappresentanza. Così come abbiamo fatto durante la pandemia. Una rappresentanza della quale si pensava si potesse fare a meno e invece nel momento del bisogno c’è e lavora”. Così il nostro segretario generale Otello Gregorini, intervenendo a Città Sant’Angelo, in provincia di Pescara, al convegno di Uni.co Confidi cui hanno partecipato esponenti dell’associazionismo imprenditoriale, della politica, del credito e della cultura.
“Sul fronte del credito, ma non solo, c’è da superare – ha sottolineato Gregorini – la barriera eretta da una cultura consolidata per la quale quando si parla di impresa si parla di industria e soprattutto di grande impresa. Vedo sistematicamente come la classe politica e la classe dirigente in genere sembrano non accorgersi delle dimensioni, del ruolo sociale ed economico dell’impresa diffusa. Sia ben chiaro, io non combatto la grande impresa. Tutt’altro. Mi rammarico piuttosto che di grandi imprese in Italia ce ne siano poche. Ma questo non vuol dire che dalle leggi alla modulistica tutto vada pensato per le 4mila grandi imprese italiane e non per 3 milioni e 800mila imprese micro e piccole. Ma se si sbaglia la fotografia del Paese si sbagliano i provvedimenti conseguenti. E il mondo dell’impresa diffusa non può competere globalmente senza provvedimenti tagliati su misura, senza una politica ad hoc”.
“Lavorare a vista – ha puntualizzato il nostro segretario generale – è complicato per tutti ma per i ‘piccoli’ può diventare letale. Il nostro mondo ha bisogno di scelte chiare e nette. Altrimenti non sopravvive. Noi siamo il sistema di chi rappresenta i territori, tutti i territori, e non vuole, e non può pensare di abbandonare questa area per un’altra, l’Italia per altrove. Da qualche giorno stiamo valutando la manovra. Non ci aspettavamo granché conoscendo i limiti entro cui, anche a livello internazionale, il governo è costretto a muoversi. Ma, pure per la stabilità di cui perlomeno sulla carta dispone l’esecutivo, speravamo, speriamo, in scelte sul lungo periodo che garantiscano alle nostre imprese un margine di programmazione. E questo non vale solo a Roma ma anche, se non di più, a Bruxelles. Abbiamo incontrato qualche giorno fa tutti i nostri europarlamentari ma ci siamo accorti che anche in Europa la cultura dominante è la medesima”.
“Servono da parte della politica, a Roma come a Bruxelles – ha concluso Gregorini – decisioni che tengano conto di una situazione mondiale in continuo divenire. E allora non si possono arrestare i benefici per l’autoproduzione energetica nel 2025 né l’esperienza del Pnrr nel 2026. Piuttosto ne va allungata l’operatività per evitare che si possano sprecare occasioni tanto importanti. Così come non si può perdere mesi e mesi, un anno o forse più, per insediare la nuova Commissione europea, chiamata a fornire alle imprese gli strumenti per reggere l’urto delle molteplici crisi geopolitiche e della competizione internazionale. Noi ci siamo, con la nostra voglia di fare, con le nostre competenze ma da soli è difficile combattere queste battaglie”.