Uno dei principali obiettivi della riforma fiscale avvenuta nel lontano 1973, era quello di garantire condizioni di equità, sotto il profilo dell’imposizione fiscale, tra le diverse categorie di reddito da lavoro. Vale a dire, a prescindere dalla fonte di reddito o, meglio, dall’attività di lavoro esercitata per produrlo, la ricchezza prodotta e distribuita, avrebbe dovuto subire la medesima tassazione, in termini quantitativi.
Nell’attuale sistema fiscale italiano, tuttavia, l’intento del legislatore del 1973 sembra, ormai, perduto. Da analisi puntuali effettuate dall’Osservatorio permanente CNA sulla tassazione della piccola impresa, appare evidente che ogni categoria di reddito segue una propria tassazione. Attualmente si potrebbe dire che nel sistema tributario non esiste una pressione fiscale unica, ma tante e differenziate secondo la natura del reddito prodotto.
Lo scopo del presente lavoro è, pertanto, quello di analizzare le distanze tra i regimi impositivi previsti nel nostro ordinamento, al fine di porre l’accento sulle evidenti disparità di trattamento riscontrabili nell’ambito delle seguenti categorie di reddito: di lavoro dipendente, di lavoro autonomo e d’impresa.
Dalla figura emerge che, a parità di reddito, la pressione fiscale sui redditi da lavoro è profondamente diversa a secondo della natura dell’attività prestata dalla persona fisica.
Tassazione IRPEF ed IRAP effettiva del reddito secondo la natura dell’attività esercitata
Fonte: CNA, “Osservatorio permanente sulla tassazione delle piccole imprese in Italia”
Al fine di ristabilire condizioni di equità tra le varie categorie di reddito, occorrerebbe ridurre la pressione fiscale sulle piccole imprese personali, riportandola progressivamente al medesimo livello di tassazione previsto per i redditi di lavoro dipendente. Per attuare quanto evidenziato, è necessario:
1) aumentare le detrazioni spettanti ai lavoratori autonomi e alle imprese individuali, portandole allo stesso livello previsto per i lavoratori dipendenti;
2) definire, in tempi brevi, i contorni dell’autonoma organizzazione, al fine di rendere chiaro quali imprese individuali potrebbero, fin da subito, essere esclude dal pagamento dell’IRAP e, nel contempo, alzare la franchigia IRAP dagli attuali 10.500 euro sino a 25 mila euro.
Queste due semplici misure da sole basterebbero a dare un importante sollievo ai tanti imprenditori che, proprio in ragione della crisi economica, dichiarano redditi molto bassi.