Il biologico in Italia prosegue la sua crescita in superfici investite e numero di operatori coinvolti, ma mostra i primi segnali di cedimento dei consumi, di riflesso alla perdita di potere d’acquisto delle famiglie, aggravata dalla forte spinta inflazionistica degli ultimi mesi. In uno scenario contrassegnato dagli sconvolgimenti geopolitici scatenati dall’aggressione russa in Ucraina e da nuovi timori sulla sicurezza alimentare globale, Bruxelles ha confermato il pacchetto di iniziative del “Green Deal”, che vede nello sviluppo dell’agricoltura biologica, con il target del 25% della superficie europea a bio entro il 2030, uno dei cardini della transizione green in agricoltura. L’Italia, nel frattempo si è dotata, dopo un lungo e travagliato iter, di una legge nazionale sull’agricoltura biologica, destinando cospicue risorse al settore nella programmazione 2023-2027 della nuova Pac, ma è evidente come il mutato quadro di riferimento, in cui dapprima la pandemia, poi la guerra e ora anche le siccità insistono senza soluzione di continuità, ponga più di un interrogativo sul futuro del comparto.
Queste le premesse che hanno fatto da sfondo al convegno organizzato da ISMEA “APPUNTAMENTO CON IL BIO: L’AGRICOLTURA BIOLOGICA DEL FUTURO” che si è tenuto stamane a Roma alla presenza del Sottosegretario alle Politiche Agricole sen. Francesco Battistoni.
La superficie biologica italiana è aumentata del 4,4%, come è emerso dai dati Sinab presentati da Ismea in apertura del convegno, arrivando a sfiorare i 2,2 milioni di ettari a fine 2021. Il mantenimento di questo ritmo di crescita anche nei prossimi anni permetterebbe di raggiungere i 2,7 mln di ettari al 2027, ultimo anno della Pac 2023-2027, e toccare i 3 mln al 2030, valore prossimo al target Farm to Fork del 25% di superficie bio, da raggiungere entro la fine del decennio.
Il quadro nazionale non è tuttavia omogeneo tra le diverse regioni, con alcuni territori come, ad esempio, Campania (+55%), Toscana (+25%) e Friuli-Venezia Giulia (+23%) in cui le superfici biologiche crescono a ritmi mai visti finora e altri come la Sicilia, che pur mantenendo il suo primato, ha perso in un anno più superficie biologica di quanta ne conti l’Abruzzo. Alla base di queste dinamiche molto differenziate, le diverse scelte operate dalle Regioni relativamente agli impegni agroambientali dei PSR 2014-2020 e in particolare l’uscita di nuovi bandi della Misura 11.
Tra le diverse coltivazioni bio crescono soprattutto le colture permanenti (+3,5% nel complesso), con andamenti diversificati tra le diverse tipologie: si riducono gli agrumeti (arance -17,2% e limoni -0,8%) e rimangono sostanzialmente stabili i meleti bio (-0,4%) e gli oliveti (+0,5%) mentre aumentano i vigneti (+9,2%) e i noccioleti (+12,5%). Crescono anche le superfici investite a cereali (+2,8%) trainate soprattutto dai maggiori investimenti a grano duro e tenero, mentre risultano stabili le colture foraggere (-0,7%) e i prati e pascoli (-0,8%).
L’analisi della zootecnia biologica fa emergere alcune rilevanti criticità per lo sviluppo del settore, con una incidenza dei capi allevati che nel complesso rimane inferiore al 10%. Nell’ultimo triennio le consistenze dei bovini, suini, ovini e caprini mostrano livelli pressoché stabili mentre il comparto degli avicoli (con particolare riferimento ai polli da carne e alle galline ovaiole) mostra una dinamica positiva più marcata, tanto da guadagnare ogni anno circa mezzo milione di capi. A rallentare la conversione degli allevamenti sono le difficoltà tecniche che la gestione del biologico comporta: dall’impossibilità di poter far uso di antibiotici alla difficile reperibilità e alto costo dei mangimi biologici, dalla bassa richiesta del mercato agli alti oneri che comporta la riconversione delle strutture d’allevamento a un modello più estensivo.
Relativamente agli operatori certificati a bio, i dati indicano una crescita di oltre il 5% rispetto al 2020, grazie ai 4.413 nuovi ingressi nel sistema di certificazione che hanno portato a 86.144 il numero complessivo di produttori, preparatori e importatori biologici. Una conferma alla grande vitalità del comparto nonostante le molte incertezze degli anni di pandemia. ¬¬Tra le imprese biologiche, particolare attenzione va riservata anche al settore ittico il cui sviluppo è particolarmente sostenuto dalle politiche europee e più volte richiamato anche nel Piano d’azione europeo per l’agricoltura biologica. L’acquacoltura biologica continua la sua evoluzione anche nel 2021 nonostante i valori assoluti siano ancora modesti: sono infatti 69 le aziende certificate (+12,8% rispetto al 2020), concentrate soprattutto in Veneto ed Emilia-Romagna.
Sul fronte della spesa alimentare di prodotti biologici, nel 2021, si è registrata per la prima volta una riduzione degli acquisti di alimenti e bevande bio, e anche le prime indicazioni sull’anno in corso non lasciano ben sperare. Dopo l’ottima performance del 2020 (+9,5%), sostenuta da una maggiore propensione delle famiglie italiane all’acquisto di alimenti genuini e salutari e dal confinamento domiciliare indotto dal lockdown, lo scorso anno il valore della spesa si è infatti contratto del 4,6%, portandosi a 3,38 miliardi di euro, anche se è rimasta invariata l’incidenza del bio sul totale degli acquisti agroalimentari (3,9%). Le evidenze sui primi 5 mesi del 2022, limitate ai soli acquisti presso la Gdo, evidenziano un’ulteriore riduzione dell’1,9% su base annua, peraltro in un contesto di generalizzata crescita dei prezzi. A preoccupare, in questo caso, è soprattutto il confronto con l’agroalimentare convenzionale che segna nello stesso periodo un incoraggiante +1,8%. I dati presentati nell’ambito del convegno costituiscono un’anticipazione del rapporto “Bio in cifre 2022″, curato da Ismea e Ciheam Bari.