Il convegno “Il futuro della nautica mercato, innovazione, sostenibilità” tenutosi mercoledì, 13 febbraio, presso la CNA di Ravenna, è stata l’occasione per fare il punto sul mercato della nautica e per proporre alle istituzioni un’azione mirata di sostegno al settore.
I dati nazionali confermano il 2017 come l’anno di una ripresa autentica del settore, marcando una crescita in termini di fatturato e di export per il secondo anno consecutivo. Tra gennaio 2014 e gennaio 2018, la produzione di imbarcazioni da diporto nel nostro Paese è aumentata del 33,1%. Tuttavia, a fronte di questi dati positivi, non bisogna dimenticare che negli anni della crisi la cosiddetta “piccola nautica” è stata colpita da un autentico tsunami economico: tra il 2009 e il 2014 sono state spazzate via il 13,9% delle imprese con il 23,9% di addetti.
La piccola dimensione delle imprese rappresenta il tratto caratteristico del settore nautico italiano: dai dati Istat risulta che le imprese con meno di 50 addetti sono il 97,9% della totalità, contribuiscono al 46,8% dell’occupazione, al 21,8% del fatturato e al 35,1% del valore aggiunto.
Oltre a scontare i danni provocati da miopia politica e invidia sociale, la nautica da diporto paga, purtroppo, anche la sottovalutazione di una contabilità statistica a maglie ridotte. Quando si pesa il valore economico del comparto si tiene conto solo dell’attività strettamente cantieristica, vale a dire della costruzione e della riparazione di imbarcazioni, senza valutare tutte le altre strutture produttive e di servizio funzionali alla nautica da diporto.
La produzione cantieristica è ripartita negli ultimi due anni ed è destinata a recuperare ampiamenti i livelli pre-crisi nel medio periodo; le imprese che sono sopravvissute sono oggi quelle di maggior dimensioni e più competitive; il comparto della componentistica e degli accessori, pur essendo direttamente collegato a quello della cantieristica, è riuscito ad agganciare la ripresa grazie alla diversificazione delle attività e dei mercati di riferimento; il comparto dei servizi ha pagato il calo della domanda legato al rallentamento del settore e la fuga dai porti italiani.
La fotografia della filiera della nautica da diporto alla luce delle modificazioni di mercato intervenute negli ultimi anni sia a livello globale sia su scala nazionale impone ora di concentrare l’attenzione sul tema della generazione e della distribuzione del valore aggiunto ed a quello delle relazioni tra le imprese della filiera sia all’interno del “cantiere” sia nell’approccio al mercato e ai committenti esterni.
La riduzione degli spazi di mercato ha contribuito ad una frattura nelle relazioni funzionali e interpersonali preesistenti tra gli imprenditori che, di fronte ad una flessione quantitativa e qualitativa della domanda, si sono trovati ad essere “concorrenti diretti” anziché soggetti utilmente e reciprocamente solidali, come più frequentemente avveniva nelle fasi di forte accelerazione della domanda.
Altro tema trattato è stato quello relativo alle traiettorie della ricerca per il settore e alle politiche di supporto all’innovazione, alla ricerca e sviluppo, al fine di permettere le Pmi nelle condizioni di essere maggiormente competitive sui mercati esteri.
Le dichiarazioni di intenti da parte dei rappresentanti della grande e della piccola nautica, delle istituzioni e dell’università fanno ben sperare ad un’ulteriore spinta propulsiva per il settore, il tutto in una logica condivisa di filiera. Il vento sembra soffiare nella direzione giusta.