Con il decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 128 pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 18 agosto, è stata data attuazione ai principi della legge delega volti a conferire maggiore certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente.
Come si legge nella relazione illustrativa, uno degli obiettivi prefissati della legge delega si basava sulla considerazione che, “l’incertezza nella normativa fiscale e nella sua interpretazione, è deleteria per le decisioni di investimento e quindi per la crescita economica, con effetti negativi sulla credibilità e sulla stabilità di medio e lungo periodo della politica tributaria”.
Al fine di dare maggiore certezza al quadro normativo, il decreto in oggetto, affronta tre temi:
- codificazione normativa del concetto di “abuso del diritto” al fine di delineare meglio il confine tra elusione e lecito risparmio d’imposta;
- definizione dei casi in cui opera il raddoppio dei termini per l’accertamento delle imposte dirette e dell’IVA in caso di reato fiscale;
- previsione di un regime di adempimento collaborativo tra Agenzia delle entrate e grandi contribuenti, in prima battuta con volume di ricavi o di affari superiore a 10 mld di euro.
Con riferimento all’abuso del diritto, la normativa previgente, essenzialmente contenuta nell’articolo 37-bis del DPR 600/1973, ora soppresso, si era spesso rivelata insufficiente a individuare in maniera certa e precisa le fattispecie di condotta abusiva fiscalmente illecite. Alle lacune legislative si erano aggiunte, poi, contrastanti orientamenti giurisprudenziali, sia nazionali sia comunitari. Ciò aveva generato un contesto di profonda incertezza ed instabilità e, spesso, quando per raggiungere un obiettivo economico il contribuente sceglieva la via fiscalmente più conveniente, l’elusione veniva confusa con il legittimo risparmio d’imposta. Il decreto delegato affronta in modo radicale questi temi dando una definizione ancora più generale dell’abuso del diritto. Viene, inoltre, ribadito il principio generale secondo cui il contribuente può legittimamente perseguire un risparmio di imposta, scegliendo tra regimi opzionali diversi previsti dall’ordinamento e tra operazioni da cui derivi un diverso carico fiscale per raggiungere l’obiettivo economico-organizzativo prefisso. Resta da vedere se le nuove norme riusciranno a conferire maggiore certezza alle imprese sui corretti comportamenti da adottare.
Anche con riferimento al raddoppio dei termini per l’accertamento, la normativa precedente si era rivelata spesso insufficiente ad offrire una adeguata tutela del contribuente poiché l’amministrazione finanziaria poteva beneficiare del raddoppio dei termini, sia a fini delle imposte dirette sia dell’IVA, anche quando non era stata inoltrata formale denuncia della violazione penale all’autorità giudiziaria, ovvero quando la stessa era stata presentata a termini ordinari ormai spirati.
La nuova norma, invece, nell’ottica di garantire una maggiore certezza delle situazioni giuridiche ed una correlata maggior tutela del contribuente, prevede che il raddoppio non operi qualora la denuncia da parte dell’amministrazione finanziaria, tra cui è ricompresa anche la Guardia di finanza, sia presentata oltre la scadenza ordinaria dei termini per l’accertamento.
Infine, con l’intento di introdurre forme di comunicazione e cooperazione rafforzata tra i contribuenti e l’amministrazione finanziaria, anche in termini preventivi rispetto alle scadenze fiscali, arriva la “cooperative compliance”, il regime di adempimento collaborativo tra Agenzia delle Entrate e imprese che si siano dotate di un sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale, inteso come capacità di prevenire violazioni di norme tributarie o in contrasto con i principi o con le finalità dell’ordinamento tributario. Nella fase iniziale il regime sarà riservato alle grandi aziende, ossia quelle con fatturato superiore ai 10 miliardi di euro e a quelle che hanno aderito al progetto pilota avviato in via sperimentale nel 2013 (con fatturato superiore a un miliardo di euro). In seguito, un decreto ministeriale potrà ammettere i contribuenti con fatturato superiore a 100 milioni di euro o appartenenti a gruppi di imprese.
In una circolare di prossima emanazione saranno trattati nel dettaglio le novità introdotte con il decreto in oggetto.