Pigiama o tuta e pantofole. E’ stato questo l’abbigliamento di molti e anche dei marchigiani da quando è esplosa la pandemia. Di conseguenza gli acquisti di scarpe e capi di abbigliamento sono stati rimandati a data da destinarsi. Non solo nelle Marche ma un po’ ovunque nel mondo chiuso in casa dal Covid. Solo tra ottobre e gennaio in Italia sono crollati i consumi nel tessile abbigliamento (-23,4 per cento) e nelle calzature (-14,6 per cento).
Passando più tempo in casa si è preferito spendere nei generi alimentari (+2,4 per cento solo nell’ultimo trimestre del 2020), negli arredi domestici, (+2,3) e nell’informatica e telefonia (+15,3) che, non a caso, sono stati gli unici settori marchigiani ad aver aumentato il fatturato nel 2020. E poi rimpinguare i conti correnti e i depositi bancari che sono cresciuti nelle Marche del 6,8 per cento. Perché la crisi pandemica spaventa e crea incertezza per il futuro.
Di fronte ad una situazione del genere, il sistema moda marchigiano ha pagato un conto salato, stretto tra le ricorrenti chiusure delle attività e il calo della domanda. Una indagine dettagliata è stata realizzata dal Centro Studi CNA Marche. Ne è emerso un quadro pesante. In dodici mesi le imprese marchigiane della moda sono scese da 5.715 a 5.497. Sono state 218 le aziende attive in meno. Quelle che non ce l’hanno fatta a resistere. Peggio di tutti è andata al settore pelli e calzature (-165) mentre il tessile l’abbigliamento ha perso 53 aziende. Se le imprese chiudono, chi ci lavorava va ad ingrossare le fila dei disoccupati. In un anno gli addetti del sistema moda marchigiano sono scesi da 39.438 a 37.223. Sono 2.215 ad aver perso il posto di lavoro. Di questi in 1.714 nel calzaturiero e 501 nel tessile abbigliamento.
Note dolenti anche dall’export, in questo lungo “cahier de doléance” della moda marchigiana. Nei primi nove mesi del 2020, le esportazioni sono diminuite del 27,9 per cento. Quasi un terzo in meno: da 1,7 a 1,2 miliardi di euro. Calo dell’export che ha avuto una forte incidenza sulla contrazione dei ricavi, che ha superato complessivamente il 20 per cento. La situazione più difficile è quella vissuta dai distretti marchigiani della moda. Le imprese del distretto calzaturiero di Fermo hanno visto l’export contrarsi del 31,4 per cento. La pelletteria di Tolentino ha perso il 40,2 per cento e la jeans valley del Montefeltro il 32,1 per cento.
“Le istituzioni, a partire dalla Regione – sostengono il segretario CNA Marche Otello Gregorini e la presidente di CNA Federmoda Marche Doriana Marini – devono intervenire con forza e rapidità per sostenere il sistema manifatturiero marchigiano, di cui la moda è elemento centrale. Occorre farlo con riferimento ai distretti e alle filiere e con un sostegno agli investimenti, soprattutto a quelli finalizzati al digitale e alla sostenibilità, che sono fondamentali per superare questa fase delicata e far ripartire imprese e territori”.
Secondo CNA Marche, le risorse che arriveranno alla Regione, dai Fondi Strutturali della politica di coesione per il periodo 2021 – 2027, andranno concentrate prevalentemente sul sostegno alla diffusione delle tecnologie e delle competenze digitali delle piccole e medie imprese, sull’economia circolare e sulla transizione energetica. Inoltre, occorre investire per superare la storica carenza infrastrutturale della nostra regione, che frena i movimenti di imprese e persone, penalizzando la competitività del sistema produttivo marchigiano, rispetto ai competitori nazionali ed esteri.
“E’ anche fondamentale – concludono Gregorini e Marini –sostenere la liquidità delle piccole imprese manifatturiere del sistema moda, rafforzando le misure finalizzate a favorire l’accesso al credito delle imprese in difficoltà a causa dell’emergenza pandemica. Importante anche il sostegno ai Confidi da parte della Regione, mettendo risorse per la loro patrimonializzazione e per l’erogazione diretta del credito alle imprese, che Uni.co, il Confidi delle Marche, ha già attivato con successo”.
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