Il 10 febbraio scorso si è tenuta la videconferenza (cfr. notizia del 9/2/2016), con circa 30 sedi della CNA collegate, nel corso della quale è stato rappresentato il punto della situazione in merito allo strumento degli studi di settore e al possibile scenario futuro.
Ciò che è stato rappresentato e documentato nel corso della videoconferenza è che l’apertura del viceministro all’Economia Luigi Casero, alla eliminazione degli studi di settore per il settore arti e professioni, non deve indurre a pensare che l’eventuale eliminazione dello strumento anche per le imprese possa essere la panacea di tutti i mali.
Infatti, l’eliminazione degli studi, come ha già avuto modo di sottolineare il direttore dell’Agenzia delle entrate Rossella Orlandi, “comunque, le possibilità di controllo ci saranno sempre…”. Ciò lascia evidentemente supporre che, in tale caso, vi saranno strumenti, peraltro unilaterali, dell’Amministrazione finanziaria finalizzati al controllo e all’accertamento delle imprese (e dei professionisti).
D’altra parte, così come previsto dalla Legge di Stabilità per il 20105 (art.1 commi da 634 a 636 della L.190/2014), l’Agenzia delle entrate, una volta rimossi gli studi di settore che ora ne stanno bloccando la realizzazione piena, può di fatto realizzare “accertamenti presuntivi d’ufficio” basati sulla messa a disposizione del contribuente (probabilmente nel cassetto fiscale), degli “elementi utili per una valutazione in ordine ai Ricavi/Comensi, al Volume d’affari, ai Redditi e al Valore della produzione ai fini dell’IRAP” e ciò tenendo anche conto dei beni acquisiti o posseduti.
In tale contesto, quindi, il timore della reintroduzione di strumenti induttivi e vessatori ormai dimenticati come i coefficienti presuntivi di ricavi e di reddito o della minimum-tax, è quindi molto forte.
In tale contesto quindi CNA, insieme a Rete Imprese Italia, ha presentato l’8 febbraio scorso al viceministro all’Economia Luigi Casero un documento ufficiale in cui sono stati formulate le richieste/proposte delle Associazioni in merito agli studi di settore.
Per cogliere le motivazioni delle richieste fatte occorre innanzitutto ricordare quali sono le finalità che CNA si pone per tutelare gli interessi delle imprese: evitare che l’evasione spregiudicata determini una concorrenza sleale alle imprese oneste, evitare l’introduzione di accertamenti vessatori ed indiscriminati e ridurre la pressione fiscale ormai insostenibile.
Ciò premesso, i contenuti della lettera inviata al viceministro all’Economia Luigi Casero prevedono che:
- gli studi di settore non devono essere più utilizzati quali strumenti di accertamento dall’Agenzia delle entrate;
- deve essere confermato l’attuale meccanismo premiale degli studi che consente la protezione da altri sistemi di accertamento di natura presuntiva, la riduzione dei termini per l’accertamento e l’elevazione della soglia di franchigia ai fini del redditometro;
- deve essere introdotto, a regime, un sistema premiale di riduzione del carico fiscale sul reddito incrementale dichiarato rispetto al valore soglia minima individuata per i diversi modelli di business.
In ogni caso, occorre ricordare che dal 2016, anche sulla base dell’atto di indirizzo del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 22/12/2015, gli studi saranno interessati da una semplificazione dei modelli (così come fortemente voluto dalla Commissione di esperti., da ultimo nella commissione del 2/12/2015) e da una rivisitazione delle modalità di costruzione che ne ridurranno il numero (studi e cluster) passando altresì ai cd. “modelli di business”.
Nel corso della videoconferenza sono stati inoltre forniti diversi dati (dal 2009 al 2014) che evidenziano la valenza ed efficacia dello strumento degli studi di settore e rappresentatività degli stessi delle realtà economiche delle imprese, nonostante gli effetti di una crisi economica e congiunturale ancora in atto.
Nel rimandare al documento allegato contenente le slide utilizzate nella videoconferenza, si segnalano alcuni dati molto interessanti emersi dall’analisi statistica elaborata sui dati messi a disposizione dall’Agenzia delle entrate.
La compliance determinata dagli studi è evidente dall’andamento dei ricavi distinti tra imprese soggette agli studi di settore rispetto a quelle fuori dall’applicazione degli studi (slide 8) e ancor più dall’andamento dei redditi dichiarati (slide 9), così come la costante riduzione della differenza tra consumi delle famiglie (fonte Istat) e quando dichiarato dai relativi settori soggetti a studi di settore (slide 12).
Il calo complessivo dei ricavi/compensi (-8,8%) del periodo dal 2009 al 2014 è del tutto imputabile alla crisi economica in quanto i cali dei livelli di congruità sono nettamente inferiori (-4 punti % in quanto si è passati dal 79,1% del 2009 al 75,1% nel 2014). Ciò consente altresì di rimarcare come i correttivi crisi, seppur diminuiti in termini di valore assoluto di -19,9 mld dal 2013 al 2014 (cfr.slide17), sono stati in generale efficaci nel riposizionare i livelli di congruità puntuale in quanto la revisione degli studi, basata su annualità più recenti, già coglievano l’effetto della crisi in atto. Ne è ulteriore riprova il fatto che nonostante i soggetti diventati congrui per effetto dei correttivi sono diminuiti di 385.251 unità da 935.874 nel 2013 sono passate a 550.623 nel 2014con una riduzione del 41,2% (cfr. slide18), il livello dei congrui naturali (ante adeguamento) è sì calato ma solo di 5,7 punti percentuali pari al 7,9% (slide 15).
Ulteriori elementi interessanti riguardano l’analisi dei ricavi dichiarati distinta tra soggetti congrui e soggetti non congrui (slide 12 e 13). Infatti anche se il calo dei ricavi dichiarati dai soggetti congrui tra il 2013 e il 2014 è stato di ben 80,9 mld, il livello stimato dei ricavi da parte degli studi di settore non determina l’automatica non congruità dei soggetti. Anzi, emerge come anche nel 2014, non discostandosi molto dagli anni passati, i maggiori ricavi dichiarati dai soggetti congrui sono stati oltre i 54 mld, ben più di quelli che sono richiesti (25,4 mld) ai soggetti non congrui per raggiungere la stima puntuale degli studi.
Per quanto riguarda anche la valenza del cd. sistema premiale (slide 19), occorre sottolineare come, seppur in calo sul 2014, ma anche per l’introduzione di maggiori e più stringenti indicatori di coerenza negli studi, rimane comunque elevata la percentuale dei soggetti (nel 2014 il 38,4%) con i requisiti di congruità e coerenza che consentono l’accesso al premiale attuale e futuro, con riferimento alla potenziale riduzione di imposte sul reddito incrementale.
L’ultimo elemento di efficacia della compliance è reso evidente dall’analisi dei redditi dichiarati che, oltre ad avere subito un calo, ma di gran lunga inferiore al calo percentuale dei ricavi, dall’analisi emerge una forte differenza di valori di reddito dichiarato tra soggetti congrui e non congrui (slide 20).
La condivisione ed approvazione delle CNA territoriali collegate, anche manifestate con specifici interventi in video e in chat, deve consentire a tutti gli operatori di poter sostenere le ragioni della valenza degli studi nei confronti delle imprese associate e dall’altra a fornire all’Ufficio politiche fiscali di CNA di sostenere le richieste fatte e dare attuazione al percorso di semplificazione e riformulazione degli studi affidandogli un nuovo ruolo di selezione (e non di accertamento), e di compliance rafforzata da un sistema premiale efficace che consenta una riduzione del carico fiscale sul reddito incrementale.