Accordo Ue-Canada, posizione contrarie e a favore
Regioni, organizzazioni, associazioni di consumatori e confederazioni nazionali e non si dividono tra favorevoli e contrarie: i pro e i contro del Ceta. CNA Agroalimentare come Presidenza nazionale di Unione ha condiviso le posizioni di Coldiretti, soprattutto per quanto riguarda la mancanza di reciprocità tra modelli produttivi diversi.
Va detto che questi tipi di trattati, complicati e sovranazionali, impongono una valutazione sul loro valore. Per l’Italia il Food è cosa seria, che significa qualità delle colture e delle produzioni. Dovremmo aumentare il peso politico in Europa per forza di cosa.
Il Ceta dovrebbe essere ratificato dal Senato nella settimana del 25 luglio. Non è tuttavia così scontato che il percorso sia così fluido. Nei giorni scorsi, infatti, sono piovuti appelli da più parti a non votarlo e a rispedire al mittente un accordo che non vede l’unanimità fra gli operatori del comparto primario.
A margine del G-20 di Amburgo il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, e il premier canadese, Justin Trudeau, hanno siglato l’intesa che sancisce l’entrata in vigore in via provvisoria del Ceta con il prossimo 21 settembre. Entro tale data l’accordo di libero scambio fra Ue e Canada dovrà essere approvato dai Parlamenti degli Stati membri dell’Ue.
Per Juncker e Trudeau il Ceta “segna un nuovo capitolo nei rapporti tra Ue e Canada. E’ importante che le nostre imprese e i nostri cittadini, i veri vincitori di questo accordo, inizino a raccogliere i benefici. Sia a livello Ue che in Canada, sono stati fatti i passi necessari per ratificare l’accordo”.
Non la pensano così gli agricoltori in Italia. Da un lato, a scagliarsi contro il trattato euro-canadese è scesa in campo Coldiretti, il maggiore sindacato agricolo per numero di iscritti. Lo scorso 5 luglio, Palazzo Rospigliosi si è mobilitato in piazza Montecitorio per bloccare l’accordo. A dare manforte a tale posizione di netta contrarietà c’erano anche Cgil, Arci, Adusbef, Movimento Consumatori, Legambiente, Greenpeace, Slow Food International, Federconsumatori, Acli Terra e Fair Watch.
Secondo il presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo, “è necessaria una valutazione ponderata e approfondita dell’argomento, soprattutto in considerazione della mancanza di reciprocità tra modelli produttivi diversi che grava sul trattato”.
Nel Ceta, secondo Coldiretti, manca il riferimento alla portata vincolante del principio di precauzione che, in Europa, impone una condotta cautelativa nelle decisioni che riguardano questioni scientificamente controverse circa i possibili impatti sulla salute o sull’ambiente.
“L’accordo – afferma Coldiretti – prevede, al contrario, l’applicazione delprincipio di equivalenza delle misure sanitarie e fitosanitarie tra le parti, consentendo di ottenere il mutuo riconoscimento di un prodotto (e, quindi, di evitare nuovi controlli nel paese in cui verrà venduto), dimostrandone l’equivalenza con quelli commercializzati dalla controparte. Il problema è che in Canada viene utilizzato un numero rilevante di sostanze attive vietate nel Ue”.
Secondo Coldiretti, inoltre, “per la prima volta nella storia, l’Unione europealegittima in un trattato internazionale la pirateria alimentare a danno deiprodotti made in Italy più prestigiosi, accordando esplicitamente il via libera alle imitazioni che sfruttano i nomi delle tipicità nazionali, dall’Asiago alla Fontina dal Gorgonzola ai Prosciutti di Parma e San Daniele”.
Un atteggiamento che ha portato il neopresidente della Confederazione agromeccanici e agricoltori italiani, Gianni Dalla Bernardina, a tuonare contro il Ceta, “ennesima conferma, se mai ce ne fosse stato bisogno, che l’Unione europea dei burocrati è sempre più lontana dai cittadini. Cai è profondamente convinta che il futuro dell’Europa sia nel rispetto della missione costitutiva: uniti nella diversità. Questo però non significa – precisa Dalla Bernardina – sottoscrivere accordi penalizzanti per alcuni paesi, come nel caso del Ceta, vero capestro per le indicazioni geografiche del made in Italy”.
Sulla stessa lunghezza d’onda, per alimentare l’incertezza sulla bontà o meno dell’accordo di libero scambio con il Canada, una delle porte per il continente nordamericano, anche una parte delle istituzioni e della politica. A dichiararsi molto scettico è stato nei giorni scorsi l’assessore lombardo all’Agricoltura, con delega all’Agroalimentare, Gianni Fava. “Mi auguro che non venga ratificato – aveva detto -. Il prezzo per il sistema agricolo del Nord sarebbe troppo alto e annuncio che Regione Lombardia nelle prossime settimane utilizzerà tutti gli strumenti politici e istituzionali di cui dispone, per convincere la maggioranza del Senato che la ratifica di un trattato di questo tipo potrebbe creare un precedente molto pericoloso e addirittura far ripartire quel processo, morto per scelta americana, del Ttip”.
Da Fava è arrivata anche la denuncia della “estrema fretta di un Parlamento assolutamente delegittimato e a fine corsa, nel volere a tutti i costi approvare in tempi rapidi questo trattato transatlantico, del quale francamente non si comprendono esattamente le necessità”.
Allineato e presente alla manifestazione di piazza a Montecitorio, il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, secondo il quale “la regione è ufficialmente contraria al Trattato di libero scambio con il Canada: i nostriproduttori non vogliono questo accordo”.
“I fautori dell’accordo Ue-Canada sono quelli che al tavolo delle trattative sostenevano che gli Ogm sarebbero stati la salvezza dell’agricoltura. Noi invece, insieme ai nostri produttori, diciamo no agli Ogm, così come diciamo no al Ceta, che nega l’identità produttiva delle nostre regioni”.
Non solo la Lega si è dichiarata contraria. Anche le Giunte regionali della Puglia e del Lazio hanno invitato il Parlamento a non ratificare il trattato. E anche da alcuni esponenti del Pd, il partito di governo, si sono levate voci fuori dal coro e di ammonimento.
Di tutt’altro avviso Agrinsieme, il coordinamento composto dall’Alleanza delle cooperative agroalimentari e dalle organizzazioni professionali Cia, Confagricoltura, Copagri. E’ una parte di mondo agricolo che è favorevoleall’internazionalizzazione.
Secondo il coordinatore Giorgio Mercuri, “l’accordo di libero scambio tra l’Europa e il Canada spalanca reali e interessanti opportunità commercialialle aziende italiane che operano nell’agroalimentare e consente a migliaia di produttori di latte, vino, ortofrutta, olio ed altre eccellenze di riuscire, attraverso cooperative e strutture aggregate, a creare un importante valore aggiunto alle loro produzioni proprio grazie alle vendite sul mercato canadese”.
L’apertura di nuovi mercati, per Agrinsieme, “rappresenta una prioritàimprescindibile per l’agroalimentare italiano. E’ impensabile difendere la nostra agricoltura arroccandoci nei nostri confini nazionali o europei, con posizioni di chiusura o di protezionismo”.
“L’accordo che l’Europa ha siglato, dopo ben sette anni di negoziato, non ha visto alcun cedimento da parte dell’Unione europea sulle nostre regole disicurezza alimentare”, precisa Mercuri.
“E’ assolutamente infondato pensare che, all’indomani dell’entrata in vigore dell’accordo, nel nostro paese potranno essere commercializzati alimenti come la carne agli ormoni o prodotti con organismi geneticamente modificati”.
Una lettura positiva del Trattato è arrivata anche dal ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina. “Penso che dobbiamo guardare all’accordo commerciale con il Canada come ad un punto di partenza, come un’opportunità – dichiara all’Ansa, Martina -. E’ giusto discuterne, alzare l’attenzione, monitorare la situazione, affrontare tutti i nodi che possono emergere, ma quello che penso è che noi abbiamo bisogno di buoni accordi, che ci aiutino a difendere meglio le nostre produzioni di qualità in quei mercati e che garantiscano una partnership non solo commerciale, ma appunto di relazioni più solide, anche tra Europa e Canada”.
“Oggi le nostre produzioni in quei mercati non hanno protezione – afferma il ministro -. Domani, con gli strumenti che l’accordo prevede, le protezioni a tutela delle nostre qualità saranno superiori e quindi penso che sia un passo necessario, va discusso, però sono per guardare alla possibilità che si apre con questi accordi”.
L’export italiano vale 770 milioni, mentre le importazioni del Canada sono di 29 milioni. L’elenco della denominazione riconosciuto conta 41 prodotti, che valgono il 92% dell’export italiano in quel paese.
Nel dualismo manicheo che separa favorevoli e contrari al Ceta, non può che definirsi molto frizzante lo scambio tra il vicepresidente di Coldiretti, Ettore Prandini, e il presidente del Consorzio del Grana padano e di Aicig(l’Associazione dei consorzi delle indicazioni geografiche), Cesare Baldrighi.
“E’ squallido leggere dichiarazioni contrarie al buon senso e soprattutto all’interesse dei produttori che si dovrebbero difendere”, aveva detto il vicepresidente di Coldiretti.
A stretto giro, la replica di Baldrighi: “Sono convinto che grazie all’accordo Ceta il Grana Padano e il Parmigiano Reggiano aumenteranno sensibilmente le esportazioni in Canada. E sono convinto che ciò avverrà anche per il Gorgonzola, l’Asiago, il Provolone, il Prosciutto di Parma e di San Daniele, l’Aceto balsamico e tanti altri prodotti Dop e Igp”.
Polemiche anche in Spagna, dove l’accordo è già stato ratificato dal Parlamento di Madrid, con 179 voti a favore, 79 contrari e 81 astensioni alla Camera dei deputati.
Dal settore agricolo, secondo quanto riportato da Efeagro, il Coordinamento delle organizzazioni agricole e degli allevatori, Coag, ha protestato per l’approvazione del Ceta, che considera “un attentato contro la qualità e la sicurezza” dell’agroalimentare europeo.
La Coag sostiene che la decisione del congresso è una “grave irresponsabilità”e ha ribadito che il Ceta “mette in pericolo” il modello professionale e sociale dell’agricoltura europea, così come l’impegno “per il rispetto dell’ambiente”.
Secondo l’organizzazione agricola spagnola, “equiparare” la normativa europea con quella canadese in materia di sicurezza alimentare e di produzione agricola significherebbe un “passo indietro senza precedenti” nei diritti dei consumatori e, al tempo stesso, “una concorrenza sleale” contro i produttori europei.
Coag critica il modello di produzione canadese, come ad esempio la permissività nei riguardi “dell’impiego di anabolizzanti, antibiotici e ormoni della crescita sul bestiame”.
Per il sindacato iberico l’esperienza di altri accordi simili dimostra che “la coesistenza di entrambi i modelli è impossibile perché, in effetti, poco importa che la Ue abbia gli standard di qualità più alti del mondo visto che le multinazionali di entrambe le sponde dell’Atlantico usano la cooperazione economica per abbassarli”.