Artigiani e imprese in calo, e occupazione che stenta a ritornare ai livelli pre pandemia; e mentre soffre ma tiene il comparto turistico, per tanti la soluzione per ripartire è guardare ai mercati esteri. È lo spaccato del mondo produttivo veronese, alle prese con una sorta di long-covid economico stando ai dati dell’ultimo Osservatorio economia e territorio di CNA Veneto, realizzato mettendo a confronto i dati Istat di fine 2022 e inizio 2023 rispetto a quelli con cui si era chiuso il 2019.
L’indagine indica che nell’area scaligera si sono perse nel triennio 1117 imprese (-1,3%) anche se in termini percentuali il territorio resiste di più rispetto ad altrove, con la vicina Vicenza a -1,7% e i record negativi di Rovigo (-6,3%) e Belluno (-1,9%), per una media regionale di -1,4%. Significativo, tra le attività venute meno, il peso dell’artigianato, dato che stringendo l’obiettivo si scopre che sono proprio le 1013 attività in meno appartenenti alla categoria a incidere in modo importante sul calo complessivo.
Pollice decisamente in giù anche se si considera il dato dell’occupazione: Verona è dopo Rovigo e Belluno la provincia più lontana ai livelli pre pandemia (-2,7%), questo mentre Vicenza, Venezia e Padova sono già tornate con saldo positivo, e Treviso a sua volta si dimostra sulla buona strada.
Una nota positiva arriva invece dal movimento turistico. Le presenze non sono ancora quelle del 2019, ma tra tutte le province è proprio Verona – seconda per numero di visitatori dopo Venezia – quella che ha recuperato più terreno, con una perdita appena inferiore al 5%.
“Preoccupa molto che il calo nel numero di imprese sia collegato quasi del tutto all’artigianato – spiega Cinzia Fabris, presidente CNA Veneto Ovest – Sicuramente ci sono meno attività perché gli anni di crisi hanno fatto da imbuto tagliando le nuove nascite e le realtà che magari erano più fragili già prima della pandemia. Ma deve far riflettere il fatto che ad aver pagato il prezzo più alto probabilmente è chi non è riuscito a cambiare approccio nel fare impresa, provando a gestire gli imprevisti con metodo e pianificazione strategica”.
Indicativo da questo punto di vista è il dato collegato all’export, che ha registrato a fine 2022 un giro d’affari a livello provinciale di circa 15,1 miliardi di euro, 3,3 in più rispetto al 2019 (+29%, seconda provincia dopo Venezia, e con una media regionale al +26%).
“E non è un caso – prosegue Fabris – L’avvio di progetti di vendita all’estero è legato a doppio filo alla capacità di portare avanti un percorso di crescita imprenditoriale, perché basato in egual misura su metodo, pianificazione e obiettivi. Questo è lo stesso approccio che cerchiamo di trasmettere ogni giorno ai nostri associati, proprio per spronarli a superare qualsiasi tipo di limite, dimensionale o di mercato che sia. E come abbiamo visto oltre a noi lo dicono i numeri: solo così si può affrontare con successo qualsiasi tipo di crisi”.