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Imu: capannoni tassati tre volte. CNA: “Servono provvedimenti concreti, a partire dalla totale deducibilità”

Difficilmente le tasse sono simpatiche, ma ce ne sono alcune più odiate di altre. E’ il caso dell’Imu sui capannoni, tassati per ben tre volte dallo stato e dagli enti locali. Sì, perché sui capannoni grava l’Irpef per quella parte di reddito d’impresa che contribuiscono a generare. E sin qui, nulla di male. Se non fosse che sugli immobili si paga anche (parliamo di aliquote superiori al 10 per mille) l’imposta municipale unica, che peraltro è deducibile solo per il 20% dal reddito d’impresa. Sul restante 80% non dedotto, agisce ancora una volta l’Irpef, che rappresenta la terza forma di tassazione, magari occulta, ma piuttosto concreta, e pesante.

Un’imposta aggravata dal fatto che la base di calcolo dell’Imu è la rendita catastale che, all’indomani della crisi immobiliare, a differenza di quanto accade per gli edifici residenziali, è spesso molto più alta dei valori di mercato, soprattutto nei Pip, gli insediamenti produttivi agevolati. “Potremmo dire una vera e propria beffa – commenta Umberto Venturi, presidente provinciale della CNA di Modena – oltre al danno rappresentato da una tassa che incide per ben tre volte sullo stesso fattore produttivo. Credo che non ci sia bisogno di altro per sottolinearne l’iniquità”.

“Stiamo cercando scappatoie, ovviamente legali, da proporre alle imprese. In alcuni casi, ad esempio quando i capannanoni sono particolarmente datati, è possibile ottenere una revisione della rendita catastale che consente di limare l’Imu. E’ un servizio che CNA Modena eroga da alcune settimane. Ma è un intervento solo parziale a cui non tutti possono fare ricorso. Servono, invece, provvedimenti concreti, a partire dalla totale  deducibilità dell’Imu per arrivare ad una riduzione dell’aliquota. Servono, cioè, provvedimenti sia a livello centrale che locale, per liberare le risorse necessarie alle imprese, soprattutto quelle di piccola dimensione, per rinnovarsi ed investire. In caso contrario il rischio è di escludere, per mancanza di risorse, le pmi da processi come Industria 4.0 vitali per la competitività del nostro territorio”, chiosa Venturi.

 

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