E’ diventata la principale fonte di preoccupazione per le banche centrali. L’inflazione stagnante toglie il sonno a Mario Draghi e al presidente della Federal Reserve Jay Powell. Nonostante le politiche monetarie espansive delle banche centrali l’indice dei prezzi al consumo non riesce ad avvicinare gli obiettivi della Bce e della Fed. Una buona notizia per imprese e famiglie. Almeno sulla carta perché la realtà è molto diversa.
Invertire la tendenza è la priorità delle banche centrali in particolare della Federal Reserve americana, da mesi sotto attacco da parte del presidente Donald Trump. Il mercato è convinto che la Fed procederà a un taglio del costo del denaro già in occasione della prossima riunione del Fomc (il braccio operativo che si occupa della politica monetaria). Entro fine anno un nuovo taglio per ridurre il costo del denaro di mezzo punto percentuale.
Anche la Bce è pronta a usare tutti gli strumenti di politica monetaria per far risalire l’inflazione. Alla prossima riunione del board dell’istituto guidato da Mario Draghi potrebbe essere deciso di abbassare il tasso sui depositi delle banche (ora a -0,4%) di un uno o due decimi di punto. L’obiettivo è scoraggiare gli istituti di credito a lasciare la liquidità presso la Bce e incentivarli a concedere prestiti a famiglie e imprese.
Le buone intenzioni delle banche centrali e in particolare della Bce faticano però a trasmettersi nell’economia reale. Il credito, in particolare verso le micro e piccole imprese, continua a essere una specie di miraggio. E quando arriva il costo è molto elevato. Nell’ultimo anno i tassi di interesse sui prestiti alle imprese sono scesi solo marginalmente e mantengono un divario ampio tra piccole e grandi imprese, le prime devono sostenere un costo del credito superiore anche di quattro volte rispetto alle grandi.
Sulla base dell’ultima rilevazione di Bankitalia, nel primo trimestre 2019 i tassi sulle operazioni autoliquidanti erano in media al 3,05% ma per le operazioni fino a 250mila euro il costo del denaro supera il 7% per quelle sopra i 25 milioni di euro è appena l’1,58%. I tassi sui rischi a revoca sono al 7,62% fino a 125mila euro, appena all’1,72% per importi oltre i 25 milioni.