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Indagine CNA: cresce l’export delle imprese del made in Italy

Tre miliardi e mezzo di euro. A tanto ammonta il valore dell’export delle imprese manifatturiere umbre, di cui circa il 70% è costituito dai settori del “made in Italy”, per la gran parte (84%) rappresentati da imprese al di sotto dei 10 addetti.

«Ergo: le politiche regionali devono essere indirizzate a sostenere e riqualificare le piccole imprese manifatturiere, in particolare quelle artigiane, che ancora oggi rappresentano una componente fondamentale del sistema manifatturiero umbro». Ad affermarlo è Francesco Vestrelli, responsabile regionale di Cna Produzione, nel corso della conferenza stampa con cui Cna Umbria ha presentato i risultati dell’indagine, condotta insieme al centro studi Sintesi, sulla relazione tra l’evoluzione delle imprese manifatturiere umbre negli anni della crisi e l’andamento delle esportazioni.

«Numeri alla mano – continua Roberta Datteri, imprenditrice e dirigente di Cna – mentre tra il 2009 e il 2015 il Pil regionale precipitava del 5%, l’export aumentava del 28% (+ 38% a prezzi correnti). Un export che è da attribuire quasi per intero alle imprese manifatturiere (3,5 miliardi di euro sui 3,6 totali delle esportazioni). Tra queste 7.800 imprese la parte del gigante la fanno i settori specializzati nel made in Italy, mentre emerge un forte ridimensionamento del peso della metallurgia. E se andiamo a spacchettare le aziende per numero di occupati vediamo che la maggior parte di esse sono micro imprese (da zero a 9 addetti), che da sole esprimono circa il 30% dell’occupazione in questi settori

La ricerca ha preso in esame l’agroalimentare, la moda, il sistema casa, i macchinari, i mezzi di trasporto e la carta-stampa, andando a verificare il rapporto tra imprese, addetti, mercati di riferimento e andamento delle esportazioni negli ultimi sei anni.

«I maggiori mercati di riferimento – afferma Alberto Cestari, del centro studi Sintesi – continuano a essere quelli dei Paesi dell’Unione europea (62% del totale) e l’America (13%), seguiti dai Paesi europei extra Ue (10%) e dall’Asia. Più distaccati ci sono l’Africa (3%), il Medio Oriente (3%) e l’Oceania (1%). Un aspetto molto interessante riguarda l’evoluzione delle imprese, che nel complesso sono diminuite di numero rispetto all’inizio della crisi, mentre il valore dell’export è aumentato: è così per il sistema moda (-10% di imprese, + 74% export), per i mezzi di trasporto (- 18% di imprese, + 140% export), per il sistema casa (-17% di imprese, +22% export), per i macchinari (-14% di imprese, +18% export). Fanno eccezione le imprese dell’agroalimentare, cresciute sia come numero (+5%) che come export (+59%)».

“Nonostante si sia verificata una diminuzione del numero delle imprese – prosegue Vestrelli – il peso percentuale dell’artigianato all’interno del “made in Italy” nel 2015 è pressoché analogo a quello del 2009, ìndice di una “crescita” delle imprese artigiane e di una rispecializzazione dei settori verso produzioni a maggior valore aggiunto. Lo dicevo in apertura: numeri alla mano, è chiaro che le piccole imprese ricoprono un ruolo fondamentale nelle produzioni del “made in Italy” dirette all’estero. Ecco perché chiediamo alla Regione che le risorse dei fondi strutturali e per le politiche di innovazione vengano destinate in misura consistente a questi settori, favorendo gli investimenti volti all’ammodernamento del patrimonio produttivo, alla digitalizzazione delle imprese artigiane, alla valorizzazione dei mestieri quale mezzo per creare occupazione, e infine all’internazionalizzazione. A quest’ultimo proposito lamentiamo difficoltà nell’accesso a strumenti che pure avevamo concordato con la Regione. Non ha senso mettere in campo misure che poi vengono sistematicamente vanificate dalla burocrazia. Crediamo sia opportuno un ripensamento o un riallineamento tra strumenti ed esigenze delle imprese – conclude Francesco Vestrelli –, anche per non vanificare l’ottimo lavoro fatto in questi ultimi anni».

La conferenza stampa è stata conclusa dall’assessore Fabio Paparelli, che nel ricordare come la Regione Umbria stia scommettendo sugli assi strategici dell’internazionalizzazione, della ricerca, dell’innovazione e della sostenibilità territoriale, ha riconosciuto il ruolo svolto in questi anni dalla Cna nell’affiancare e sostenere le imprese nei loro processi di apertura verso i mercati esteri.

MANIFATTURA ED ESPORTAZIONI IN UMBRIA.  L’INDAGINE CNA IN PILLOLE

  1. Tra il 2009 e il 2015 il Pil dell’Umbria diminuisce del 5%
  2. Nell stesso periodo l’Export aumenta del 28% (per un totale di 3.6 miliardi di euro)
  3. I settori del “made in Italy” rappresentano circa il 70% delle esportazioni
  4. L’Agroalimentare è l’unico settore in cui all’incremento delle esportazioni (+59%) corrisponde un incremento del numero delle imprese (+5%)
  5. Nei settori Moda, Casa, Macchinari, Mezzi di trasporto etc… all’incremento delle esportazioni corrisponde una diminuzione del numero totale delle imprese: ciò testimonia una ri-specializzazione produttiva del sistema imprenditoriale
  6. Le imprese manifatturiere in Umbria sono 7.861 e l’Artigianato rappresenta il 69% delle imprese specializzate nel “made in Italy”
  7. Gli addetti del manifatturiero sono in totale 58.840: di questi l’82% lavora nei settori “made in Italy”
  8. Le micro imprese (meno di 10 addetti) esprimono quasi il 30% dell’occupazione nei settori “made in Italy”
  9. I settori “made in Italy” che esportano di più sono
  • Tessile – Moda (oltre 647 milioni di euro)
  • Agroalimentare (oltre 433 milioni di euro)
  • Macchinari (oltre 790 milioni di euro)
  • Sistema casa (oltre 170 milioni di euro)
  • Mezzi di trasporto (oltre 212 milioni di euro)
  • America (13%)
  • Paesi europei extra UE (10%)

Seguono Asia (8%), Africa (3%), Medio Oriente (3%) 

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