Sono decisamente contrari gli impiantisti della CNA alla norma del Decreto “Sblocca Cantieri” che prevede l’aumento dal 30% al 50% della percentuale dei lavori che si possono affidare in subappalto: “È una modifica al Codice degli appalti che non ha nulla a che vedere con la legittima necessità di sbloccare i cantieri attualmente fermi – afferma Guido Pesaro, Responsabile CNA Installazione Impianti – ed un maldestro tentativo di favorire imprese senza alcuna qualificazione”.
Due sono i principali aspetti sui quali si concentrano le critiche degli installatori al provvedimento; la necessità di far svolgere i lavori a chi ne possiede capacità e qualificazione e l’esigenza di fronteggiare le infiltrazioni della criminalità organizzata che, nel nostro Paese, è fenomeno assai diffuso nell’ambito dei contratti di subappalto. Non a caso, infatti, in Italia il limite del 30% al subappalto è stato introdotto per la prima volta con la legislazione antimafia (L. 55/1990) e confermato nella legislazione successiva: art. 34 della legge n. 109/1994; art. 118 del D.lgs n. 163/2006 e, in ultimo, dall’art. 105 del D.Lgs. 50/2016.
Per le imprese impiantistiche sono infatti dirimenti sia la necessità di mantenere inalterato il tetto del 30% al subappalto calcolato sull’intero importo del contratto che l’impossibilità per l’appaltatore di qualificarsi anche attraverso i lavori affidati in subappalto. “Se lo spirito del Codice Appalti è quello di far eseguire le lavorazioni specialistiche alle imprese in possesso di specifica qualificazione – prosegue Pesaro – è del tutto evidente che è necessario mantenere inalterati gli attuali limiti previsti al subappalto e magari introdurre l’obbligo per l’impresa aggiudicataria dell’appalto, ma priva di qualificazione, di costituire una associazione temporanea d’impresa con una impresa qualificata”.
A dar voce a chi continua a chiedere la sostanziale liberalizzazione del subappalto, con tutte le conseguenze del caso, c’è anche la solita sterile litania su una presunta violazione delle regole comunitarie in materia di concorrenza che ha indotto la Commissione UE a scrivere al nostro Governo paventando una procedura di infrazione: “Da questo punto di vista – rileva Pesaro – va detto che siamo in buona compagnia, dato che la lettera che anticipa una procedura di infrazione è stata inviata anche ad altri 14 paesi membri dell’Unione. Probabilmente è il concetto di concorrenza attualmente in auge presso la Commissione Europea a dover essere sanzionato”.