L’anno scorso, l’Italia, secondo i dati dell’ European Innovation Scoreboard (EIS) 2021, ha registrato una delle migliori performance continentali nell’innovazione, rispetto agli altri paesi Ue.
I punti di forza nell’innovazione italiana sono gli innovatori, gli impatti dell’occupazione e la sostenibilità ambientale. Invece tre sono gli indicatori per il nostro Paese dove si sono registrati miglioramenti sostanziali: la produttività delle risorse, la vendita di prodotti altamente innovativi e le applicazioni del design.
“Difficile che questo risultato sul fronte dell’innovazione sia stato ottenuto senza un forte contribuito delle micro e piccole imprese italiane”, si legge nell’articolo apparso sulle colonne de “Il Foglio”, nel quale si sottolinea che “la storia del nostro ‘Made in’ sarebbe stata diversa se le piccole imprese non avessero posto un’attenzione quasi maniacale alla necessità di innovarsi costantemente, sia pure in maniera informale, soprattutto per adeguare prodotti e servizi alle esigenze del mercato. Più si alza l’asticella della competizione globale, però, più diventa complicato procedere in autonomia, come le piccole e medie imprese fanno nel 40 per cento dei progetti innovativi”.
E allora qual è la strada da percorrere per passare da Paese “moderato innovatore” a “forte innovatore” o addirittura “innovatore leader”?
A questa domanda prova a rispondere la CNA, nell’articolo de “Il Foglio”, che propone la propria ricetta, puntando sulla valorizzazione della flessibilità italiana anche nell’innovazione, tra abilità artigianali e conoscenza scientifica, per tornare così ai livelli precrisi di crescita.
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