Pubblichiamo l’intervento di Guido Pesaro, Responsabile Nazionale CNA Installazione Impianti, sul tema della qualificazione degli installatori che operano su impianti alimentati da energie rinnovabili, pubblicato nella rubrica “Approfondimenti” del sito www.nextville.it
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Era iniziata male e, se non si cambia rotta, rischia di finire ancora peggio la partita della qualificazione necessaria per l’installazione e la manutenzione degli impianti alimentati da energie rinnovabili, introdotta dal Dlgs 28/2011.
Già nel testo del decreto, che ha recepito la Direttiva 2009/28/Ce, era prevista un’incomprensibile discriminazione per quei Responsabili Tecnici che avevano ottenuto l’abilitazione tramite la loro esperienza professionale (lettera d, comma 1 dell’articolo 4 del Dm 37/08): di fatto gli veniva impedito di qualificarsi come installatori di impianti a fonti rinnovabili. Solo l’intervento deciso delle associazioni – CNA Installazione Impianti in testa – portò all’approvazione di un emendamento, presentato da parlamentari di tutte le forze politiche, che sanò questo grave vulnus (Dl 63/2013).
I programmi regionali
Una volta stabilite le regole nazionali, toccava alle Regioni attivare i programmi di formazione necessari alla qualificazione/aggiornamento degli installatori FER, entro il 31 ottobre 2013.
Speranza vana, perché a pochi mesi dalla scadenza, erano ancora pochissime le Regioni che avevano ottemperato a tale adempimento. Si rischiava così di creare seri problemi di concorrenza tra installatori che avevano frequentato i corsi e quelli che non lo avevano fatto, semplicemente perchè la Regione di residenza non li aveva attivati.
Anche questa volta siamo dovuti intervenire chiedendo, ed ottenendo, di prorogare al 31 dicembre 2016 il termine entro il quale le Regioni dovevano far partire i corsi, indispensabili per l’aggiornamento necessario a mantenere la qualificazione.
Ma rimaneva in sospeso un altro problema: gli installatori virtuosi, che per primi avevano frequentato i corsi di aggiornamento (16 ore in 3 anni), rischiavano di veder scadere il loro aggiornamento ancor prima che in altre Regioni i loro colleghi iniziassero a frequentarli.
Un “vuoto” normativo non di poco conto, sanato dalla Conferenza delle Regioni che, nel dicembre scorso, modificando per la terza volta lo Standard formativo per l’attività di installazione di impianti FER, ha fissato al 31 dicembre 2019 il termine ultimo per l’aggiornamento.
In pratica, gli installatori hanno ora tempo fino al 31 dicembre 2019 per aggiornarsi; in questo modo gli installatori “virtuosi” non subiscono un danno e coloro che finora non hanno potuto aggiornarsi – per via dei ritardi delle Regioni – avranno tutto il tempo per farlo.
Nessuna menzione per i Responsabili tecnici
Peccato, però, che nel testo dello Standard formativo continui a permanere un grave errore, mai corretto nonostante le segnalazioni delle associazioni di categoria: tra i soggetti qualificati si continua a non menzionare i Responsabili Tecnici che si sono abilitati in base all’articolo 4, lettera d) del Dm 37/08, e cioè l’abilitazione a responsabile tecnico, conseguita tramite un periodo di attività lavorativa. Quasi come se le modifiche al Dlgs 28/2011 non fossero mai state apportate.
Abbiamo recentemente scritto al Presidente della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini, per chiedere la modifica del testo.
Tutto bene quindi? Non proprio. Restano, infatti, aperti tutta una serie di problemi che, una maggiore chiarezza legislativa e un miglior coordinamento all’interno delle nostre pubbliche amministrazioni, avrebbero potuto comodamente evitare.
Che fine fa l’obbligo di qualificazione?
Il primo è quello della qualificazione, ovvero l’obbligo di frequenza di 80 ore di formazione propedeutiche ad un esame teorico e pratico con il superamento del quale i Responsabili Tecnici delle imprese, abilitatisi dopo il 1° agosto 2013, conseguivano la qualificazione.
Intanto quali Responsabili Tecnici? Tutti, indipendentemente dalle modalità di abilitazione (vedi il già citato articolo 4 del Dm 37/08), o solo una parte?
Il Ministero dello Sviluppo Economico, rispondendo ad un quesito da noi posto, ha chiaramente specificato che “i corsi di formazione dovrebbero ritenersi limitati ai soggetti che oggi aspirano ad ottenere il titolo di cui al citato articolo 4, comma 1, lettera c)”. Secondo diversi operatori del settore, però, dopo le modifiche al Dlgs 28/2011, introdotte dal Dl 63/2013, rimane solo la formazione necessaria all’aggiornamento, essendo venuto meno l’obbligo di frequentare i corsi di 80 ore per la qualificazione che, secondo questa interpretazione, si otterrebbe con il semplice possesso dei requisiti di cui all’artico 4 del Dm 37/08.
Infatti, essendo stato modificato il comma 2 dell’articolo 15 del Dlgs 28/2011 nella sua formulazione originaria (“A decorrere dal 1° agosto 2013, i requisiti tecnico-professionali…”), la data del 1° agosto 2013 cessa di essere uno spartiacque e tutti coloro che sono abilitati ai sensi dell’articolo 4 del Dm 37/08, ai fini della qualificazione FER, si ritrovano nella medesima condizione, in quanto l’essersi abilitato prima o dopo il 1° agosto 2013 non ha più valore.
Sarebbe opportuno che il MiSE chiarisse ufficialmente ed al più presto questo aspetto, anche perché vi sono Regioni che nei loro provvedimenti hanno previsto i corsi di 80 ore ed altre, la maggioranza, no.
Una qualificazione non riconosciuta
Infine, un ennesimo quesito da risolvere è quello del riconoscimento della qualificazione FER. In nessun punto del Dlgs 28/2011 si fa cenno a questo problema. È solo il documento della Conferenza delle Regioni sullo Standard formativo a prevedere che siano gli enti di formazione, accreditati dalle Regioni stesse, a rilasciare un attestato di qualificazione a chi supera l’esame ed un attestato di frequenza per chi ha partecipato alle attività formative di aggiornamento.
Tuttavia, ahinoi, possiamo considerarli due meri pezzi di carta, finchè non vengono validati da un ente terzo.
Come già accaduto ai Certificatori energetici, la cui qualificazione viene riconsociuta da una procedura di accreditamento svolta grazie a sistemi messi a disposizione dalla Regione di residenza, anche gli installatori FER hanno diritto a un simile riconoscimento.
A nostro parere, l’inserimento dell’avvenuta qualificazione/aggiornamento nella visura camerale delle imprese potrebbe rappresentare una soluzione percorribile.
Tuttavia, le Camere di Commercio non possono autonomamente decidere l’inserimento in visura camerale di alcunchè, se prima un provvedimento legislativo non lo disponga; e il Dlgs 28/2011 non ha previsto nulla rispetto alle modalità di riconoscimento della qualificazione dell’installatore.
Insomma, tra i numerosi problemi, fortunatamente, risolti e quelli ancora da risolvere la qualificazione FER è purtroppo una “partita” ancora aperta e non di scarso conto, visto che riguarda la disciplina di uno dei pochi settori produttivi che in questi anni di crisi non solo ha retto, ma è anche cresciuto generando ricchezza e creando nuova occupazione.
Ma è in generale tutto il settore impiantistico a reclamare più rispetto e maggiore attenzione quando si emanano leggi che lo riguardano e lo coinvolgono; a chiederlo sono 150.000 imprese e 500.000 lavoratori, che stanno da tempo dando il loro contributo per far uscire l’Italia dalla crisi economica.
Il legislatore vorrà mai prestare ascolto a queste legittime richieste o dovremo sempre essere sovrastati da confusione e incertezze?
*Guido Pesaro, responsabile nazionale CNA Installazione Impianti.
Riferimenti