“Abbiamo chiesto ai partiti di mandarci i programmi e le loro proposte nel dettaglio. E anche gli obiettivi di spesa totale, entrate totali e deficit totali. Metteremo insieme i loro obiettivi e le loro proposte e vedremo se i conti tornano” a parlare è Carlo Cottarelli, intervistato per la rivista “VerdEtà”, pubblicazione mensile di CNA Pensionati. Già commissario alla spending review, che in buona sostanza significa cosa fare per tagliare gli sprechi della pubblica amministrazione e reperire risorse per fare scelte buone senza aumentare il debito, oggi Cottarelli ha messo in piedi un ‘Osservatorio sui conti pubblici italiani’ in collaborazione con l’Università cattolica. Un occhio vigile, a suo dire, su come si spendono i nostri soldi e sulla veridicità dei documenti di Finanza pubblica. Perché, alla fine, la matematica non è e non dovrebbe essere un’opinione.
Pubblichiamo l’intervista integrale che sarà disponibile sul numero di febbraio di “VerdEtà”.
Domanda. Professore come mai oggi si è persa persino la certezza dei numeri e gli italiani non riescono a capire bene cosa succede alla nostra economia?
Risposta. Io mi occupo di conti pubblici. Esiste nel nostro paese quella che io chiamo una cultura barocca dei documenti di Finanza pubblica, che poi sono quelli che ci informano su come sono impegnati i nostri soldi. Traduco: spesso e volentieri i documenti ufficiali, quelli ad esempio della Corte dei Conti e della Ragioneria generale dello Stato, organismi non politici, sono lunghi, ritondanti, di difficilissima comprensione. Noi dell’Osservatorio, ad esempio, abbiamo individuato nei conti pubblici di quest’anno ben 55 miliardi in più rispetto alla crescita stimata del nostro debito, non giustificati dall’aumento previsto del deficit. E questo senza spiegazioni chiare su come si giustifica questo enorme peso in più sulle finanze dello Stato.
D. Come è possibile?
R. Forse perché ci sono cose di cui non fa piacere parlare. Tipo i derivati, ad esempio, che non finiscono, secondo le regole europee, nel deficit. Quindi niente di illecito. Tuttavia l’opacità, la non chiarezza, il linguaggio ipertecnico e barocco rende inaccessibili le informazioni sui conti pubblici ai cittadini normali e anche alla gran parte della stampa che potrebbe divulgare informazioni più semplici e corrette.
D. Che ruolo ha in questo scenario il suo Osservatorio?
R. E’ proprio quello di far chiarezza. Quando, per esempio, esce un comunicato in cui si dice che saranno eliminate un terzo delle società partecipate, il nostro ruolo è quello di controllare e magari, come abbiamo fatto, di puntualizzare i fatti. E cioè dire che si tratta di un terzo delle partecipate fra quelle che potevano essere eliminante non un terzo di tutte le partecipate esistenti.
D. Mentre scriviamo mancano poche settimane alle elezioni. Avete annunciato che controllerete le promesse elettorali. A anche punto siete?
R. Abbiamo chiesto ai partiti di mandarci i programmi e le loro proposte nel dettaglio. E anche gli obiettivi di spesa totale, entrate totali e deficit totali. Metteremo insieme i loro obiettivi e le loro proposte e vedremo se i conti tornano. Consiglio di controllare cosa ne è venuto fuori sul nostro sito. Dovrebbe essere tutto on-line fra una decina di giorni.
D. Ma un’idea se la sarà già fatta o no?
R. Certo. Ma va fatta una premessa. L’Italia ha un debito pubblico enorme (oltre 2.200 miliardi di euro n.d.r) occorre quindi procedere ad un aggiustamento dei conti al più presto, ora che abbiamo tassi di interesse bassi e crescita intorno all’1,5%, altrimenti fra qualche anno torniamo alla grande crisi del 2011 e dobbiamo, in condizioni di stress, tagliare la spesa e aumentare le tasse come fece Monti.
D. Prospettiva terrificante. Quindi?
R. Quindi basterebbe, nei prossimi tre anni, non spendere più di ciò che ci entra e procedere al pareggio del bilancio. Questo facendo ricorso al buon senso del padre di famiglia. Infatti, con il pareggio di bilancio, il debito smette di crescere in euro e, in presenza di una crescita economica come quella in atto, il rapporto deficit/pil scenderebbe.
D. Gli italiani, in realtà, sono un po’ stanchi di fare sacrifici. Non crede?
R. Non si tratta di tagliare, attenzione. Ma basta tenere ferma la spesa pubblica primaria, in termini reali e quindi al netto dell’inflazione, allo stesso livello dell’anno precedente. Così azzeriamo il deficit in tre anni. Nessuna austerità.
D. Tutti sono convinti che un’efficace spending review vada fatta. Non sarebbe però il caso di chiarire che, ad esempio, quando si parla di efficientamento della pubblica amministrazione vuol dire anche licenziare i troppi dipendenti?
R. Continuo a insistere: se la spesa resta costante, non si deve licenziare nessuno. Basta non assumere ad esempio.
D. Bloccare le assunzioni pubbliche però significa penalizzare i giovani, senza contare il conflitto generazionale e l’invecchiamento della P.A. Che ne dice?
R. Direi che non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca. Vanno fatte delle scelte. Io personalmente preferisco avere per tre anni una pubblica amministrazione più vecchia ma procedere all’aggiustamento dei conti. Il rischio, insisto, è di ritrovarsi alla situazione pre-Monti alla prossima congiuntura negativa. Negli ultimi 6 anni il processo di aggiustamento dei conti si è interrotto. Quindi oggi bisogna riprendere il cammino.
D. Torniamo ai programmi elettorali. Non tutti si preoccupano granché di aggiustare i conti, anzi. Le promesse sono quasi eccessive: più pensioni, meno tasse per dirne una. Quindi più uscite e meno entrate. Che ne pensa?
R. Io dico che soluzioni gratis non ce ne sono. E insisto: diffidare da chi promette la botte piena e la moglie ubriaca. Bisogna scegliere quali sono le priorità e poi comportarsi di conseguenza.
D. Cosa consiglia al futuro governo?
R. Consiglierei di risolvere una volta per tutte i problemi di finanza e conti pubblici sino a quando siamo ancora in tempo. Altrimenti torniamo punto e daccapo e questo sarebbe catastrofico per il nostro Paese.