Il cuneo fiscale italiano è il quinto più alto tra i paesi OCSE. Nel dibattito di politica economica, vi è larga convergenza nell’individuare nel taglio del cuneo fiscale, dato dalla somma delle tasse sui redditi da lavoro dipendente e dai contributi sociali a carico di lavoratori e imprese (ovvero dalla differenza tra costo del lavoro pagato dalle imprese e quanto entra nelle tasche dei dipendenti), una delle misure prioritarie per determinare quello shock di competitività di cui l’Italia ha bisogno per tornare su un sentiero di crescita sostenuta. In realtà il cuneo fiscale italiano, pur molto alto, (è pari al 48,9%, del costo del lavoro totale), è molto simile per entità a quelli di paesi quali la Francia (48,5%) e la Germania (49,4%) nei quali però il reddito netto da lavoro dipendente supera il livello italiano rispettivamente di 28,5 e 38,4 punti percentuali. E’ quanto emerge da calcoli dell’OCSE rielaborati dal Centro Studi CNA.
Il vero gap di competitività, che rende così poco corpose le buste paga dei nostri lavoratori dipendenti, è da ricercare nella produttività che, rimasta al palo in Italia dal 2000 a oggi (+0,4% l’aumento cumulato nel periodo considerato), è aumentata del 15,5% e dell’14,0% in Germania e in Francia.
È dunque evidente che senza un insieme di riforme strutturali che incidano profondamente sull’assetto del Sistema Italia, il solo taglio del cuneo fiscale, che resta comunque un obiettivo da perseguire, non sarà sufficiente per conseguire il desiderato rilancio del Paese.