Non è più solo questione di under 30: l’apprendimento continuo, su cui l’Unione europea ripone più fiducia nell’ottica di diventare l’economia basata sulla conoscenza più competitiva del mondo, è sempre più appannaggio di una popolazione matura.
Secondo la nota di commento ai dati ISTAT sulla formazione continua, a cura del Centro Studi Cna, le attività della cosiddetta lifelong learnig, che hanno una tradizione consolidata in molte realtà europee, nel 2015 hanno fatto registrare in Italia tassi di partecipazione del 7,3%, valore al di sotto della media UE (10,7%) ma non distante da quelli di Germania (8,1%) e Spagna (9,9%). La partecipazione degli adulti ad attività di formazione, del resto, è uno dei temi in cui i risultati sono ancora disomogenei tra i singoli stati membri. Se nel Nord Europa si possono osservare tassi di partecipazione che superano il 25% (Danimarca 31,3%, Svezia 29,4%, Finlandia 25,4%), tra i Paesi dell’Est Europa i valori che si osservano sono inferiori al 5% (Croazia 3,1%, Bulgaria 2,0%, Romania 1,3%).
In Italia, nel 2016, la formazione continua arriva a interessare un pubblico di over 60: l’8,3% della popolazione con un’età compresa tra i 25 e i 64 anni, infatti, ha partecipato ad attività di formazione “formale” o “non formale”. Una partecipazione che negli ultimi tre anni ha fatto registrare tassi ben maggiori di quelli osservati nel decennio precedente.
Anche nel nostro Paese, però, dietro il dato medio si cela un forte disallineamento tra le regioni del Nord, che in due casi presentano valori superiori alla media UE, in Friuli Venezia Giulia (11,8%) e in Trentino Alto Adige (11,5%) e quelle del Sud. In tutte le regioni del Mezzogiorno, fatta eccezione per la Sardegna e con l’aggiunta della Valle D’Aosta, nel 2016 si sono osservati tassi di partecipazione inferiori alla media nazionale. In Calabria (5,7%) e in Sicilia (5,0%) il numero di partecipanti ad attività di formazione continua è stato la metà rispetto a quelli del Friuli Venezia Giulia e del Trentino Alto Adige.
Un altro dato che si osserva è la maggiore propensione alla formazione da parte delle donne rispetto agli uomini, una caratteristica presente nella maggior parte delle realtà regionali italiane. Sono solo cinque, infatti, le regioni in cui il tasso di partecipazione maschile supera quello femminile: Friuli Venezia Giulia, Umbria, Liguria, Basilicata e Molise, mentre i divari di genere più consistenti si registrano in Trentino Alto Adige, Valle D’Aosta e Veneto.
La partecipazione ad attività di formazione permanente è stata più contenuta, paradossalmente, proprio nelle regioni dove i tassi di disoccupazione sono più elevati e le produzioni industriali meno innovative, segno che ancora non sono state colte del tutto le potenzialità del lifelong learning. Una cittadinanza e una forza lavoro messe nella condizione di coltivare le proprie competenze oggi può rappresentare un cardine attorno al quale realizzare economie più competitive e raggiungere tassi di occupazione più alti.
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