Le Indicazioni Geografiche italiane, oltre ad essere una vera ricchezza per il Paese, rappresentano un modello economico di successo con fatturati alla produzione di oltre 13 miliardi (in costante crescita), un export pari al 20% di quello globale del settore agroalimentare e una base produttiva molto ampia, che si aggira intorno alle 150.000 imprese.
Ma in tale ambito gli scenari evolvono di continuo: a livello internazionale la concorrenza degli altri Paesi e le imitazioni sono sempre in aumento, le frodi alimentari – come il caso dell’olio italiano in America – rappresentano una vera spina nel fianco, al pari della crisi dei consumi e delle difficoltà di alcune filiere, come quella zootecnica e lattiero casearia. Questi ed altri fattori impongono a tutto il settore una riflessione seria per guardare con più serenità al proprio futuro.
Per questo motivo l’intero comparto delle Indicazioni Geografiche si riunirà mercoledì 17 febbraio a Roma per la “Giornata nazionale della qualità agroalimentare”, un’iniziativa promossa dal Ministero delle Politiche Agricole e realizzata da Ismea.
Nell’occasione sarà presentato il XIII Rapporto Ismea-Qualivita, l’indagine socio-economica che fotografa come il mondo dei prodotti DOP IGP sia ormai un sistema evoluto, che esprime tutto il suo potenziale soprattutto quando crea sinergie e non si divide.
Consumatori di qualità
Se è vero che l’export non è più solo un’opportunità ma una strada obbligata per garantire valore alle nostre produzioni di qualità, è altrettanto vero che anche nel mercato interno i temi della salute, della qualità e della tradizione rappresentano sempre più delle priorità, delineando la figura di un nuovo consumatore. Oltre la metà degli italiani acquista con frequenza prodotti a marchio DOP e IGP (53,8%), una quota che sale del +7,4% rispetto al 2012 (46,4%).
Anche per il commercio elettronico, i dati raccontano un avvicinamento dei consumatori italiani alle produzioni made in Italy (+4% frutta, +17%olio di oliva, +5% pesce, +1% ortaggi freschi e pasta secca).
Le sfide del momento In tema normativo le IG sono tutelate dai regolamenti europei che definiscono sia il settore del vino che quello agricolo e agroalimentare. Tuttavia le incertezze con cui a volte la Commissione UE si approccia alla questione destano stupore: se da un lato si ribadisce un pieno sostegno alla loro tutela e sviluppo, dall’altro si registrano dei cambi di marcia difficili da interpretare, come la proposta di liberalizzare l’uso dei nomi dei vitigni fuori dalle attuali zone di produzione, tema che rischia di provocare un vero e proprio terremoto nel settore.
Le due importanti sentenze arrivate nel 2015 dalla Germania per la tutela dell’Aceto Balsamico di Modena IGP hanno affermato che i comportamenti evocativi sono illeciti e che prodotti con queste caratteristiche non possono essere commercializzati. In particolare la sentenza del Tribunale di Mannheim, vietando la vendita di prodotti genericamente denominati “balsamici”, rappresenta un’importante vittoria per tutte le IG.
Uno strumento primario di difesa sono gli accordi commerciali bilaterali. Dopo l’approvazione del TPP (Partenariato Trans-Pacifico) assume grande rilevanza la trattativa sul (Transatlantic trade ad investment partnership) tra Ue e Usa, un tassello strategico nel quadro globale degli scambi.
Per l’agroalimentare la portata del TTIP è considerevole sia per il peso economico, ma anche in funzione degli standard qualitativi e della contraffazione. Il riconoscimento delle IG rappresenta in estrema sintesi il vero motivo di scontro sul capitolo agricoltura.
Infine il mondo digitale, un settore che, se possibile, è ancora più difficile da controllare. L’accordo tra privati raggiunto per la gestione dei nuovi domini di primo livello come .wine .vin, e quello siglato da Ministero delle Politiche Agricole, Aicig e Federdoc con i big player dell’e-commerce per la rimozione degli annunci dove vengono riscontrate violazioni relative ai prodotti DOP e IGP, hanno segnato un passaggio fondamentale nella lotta ai fenomeni di contraffazione e di cyber-squatting.
Nel 2015 sono entrate nel vivo molte delle iniziative del piano straordinario per il made in Italy previsto nello Sblocca Italia per sostenere le esportazioni italiane, in special modo quelle agroalimentari a denominazione di origine. In primis la realizzazione del Segno unico distintivo di settore e poi, soprattutto, l’avvio della campagna di comunicazione negli USA insieme agli accordi commerciali con la GDO americana.
Un passo importante per promuovere le eccellenze DOP IGP nel mercato interno, realizzato agli Stati Generali delle IG italiane ad EXPO, è l’istituzione di un tavolo operativo permanente tra Mipaaf, Associazioni dei Consorzi di tutela riconosciuti e dei rappresentanti della GDO per porre in essere attività sinergiche tra diversi attori interessati a valorizzare più efficacemente le produzioni IG all’interno della grande distribuzione.
Ormai il food è entrato nel mirino di tutti i grandi player di settore; dopo alcuni anni di prove Amazon, eBay, Alibaba ed altri stanno producendo fatturati interessanti nella vendita online.
Un altro capitolo importante riguarda la promozione sui mercati esteri.
Con l’introduzione del nuovo regolamento europeo (1144/14) si aprono prospettive interessanti di sviluppo per il comparto, sia perché vengono adeguate le norme sul cofinanziamento e introdotte procedure più semplici, sia per l’aumento di dotazione a regime che può arrivare fino a 200 mln per anno. Il sistema italiano delle IG ha bisogno di un coordinamento per realizzare programmi più efficienti nella nuova logica della promozione europea.
È innegabile che ci siano ancora molti margini di crescita nell’ampio paniere delle IG italiane, in cui dieci denominazioni fatturano quasi l’80% del totale del settore. Per sviluppare il sistema occorrerà quanto prima concentrare gli sforzi su quelle produzioni che realmente possono accrescere i fatturati e la capacità di export.
In estrema sintesi, visto che il quadro europeo e nazionale ha strumenti finanziari adeguati per la promozione, si dovrà agire su due leve essenziali: la crescita del management dei consorzi e la ristrutturazione delle imprese di produzione in un’ottica più “industriale”, non perdendo di vista la bussola della qualità.
il caso Toscana
Il boom dei prodotti DOP e IGP spingono la Toscana al vertice delle produzioni di qualità: 90 marchi protetti, 13 mila tonnellate di cibo, 1,5 milioni di ettolitri di vino. Un giro d’affari da 480 milioni di euro tra piccoli produttori e brand internazionali Siena (da record) guida la classifica regionale, chiusa da Massa Carrara. – In Italia questo comparto vale circa il 10% dell’intero settore, percentuale che in Toscana è superiore grazie soprattutto al vino, dove le certificazioni sono più vecchie e dove i grandi marchi, Antinori, Frescobaldi, Castello Banfi, hanno fatto da volano aprendo al vino toscano nuovi mercati e dandogli un’immagine di eccellenza che poi ha giovato a tutti coloro che hanno puntato sulla qualità, abituando il consumatore ad essere esigente.
La certificazione è un valore aggiunto come dimostra il caso della Finocchiona IGP che ha avuto la certificazione nell’aprile 2015 e che nella seconda metà dell’anno ha incrementato la produzione di quasi il 10% sulla spinta del riconoscimento.