Laurearsi conviene. E non solo per cultura personale. Anche per trovare una occupazione qualificata. L’importante è scegliere la facoltà giusta. Vale a dire quella che anche in anni di crisi, quando ancora si fa fatica a lasciarsi alle spalle la crisi economica scoppiata nel 2008, riesce a fare incontrare alquanto rapidamente offerta e domanda di lavoro. Una facoltà scientifica. Ingegneria, economia, medicina di preferenza. A sottolinearlo il Rapporto 2019 Almalaurea sul profilo e la condizione dei laureati, che ha analizzato le prestazioni formative di 280mila laureati nel 2018 e le performance occupazionali di 640mila laureati negli anni 2017, 2015 e 2013.
Laurea significa lavoro
Il Rapporto conferma alcune osservazioni di buon senso. Più alto è il titolo di studio posseduto, più facile è trovare lavoro. I laureati lavorano più dei diplomati: l’anno scorso il tasso di occupazione nella fascia d’età fino a 64 anni tra i laureati era del 78,7%, tra i diplomati del 65,7%. E guadagnano anche di più: la differenza risultava pari al 38,5% a favore dei laureati. Un gap, quest’ultimo, di gran lungo meno profondo della media europea e di alcuni Paesi pari tagli dell’Italia. Per la precisione: +52,6% nella media Ue, +53% nel Regno Unito, +66,3% in Germania. Dati che spingerebbero i circa 500mila diplomandi di quest’anno a proseguire gli studi. Ma dati, nel contempo, che contribuiscono alla cosiddetta fuga di cervelli dall’Italia di tanti giovani (e anche meno giovani) dal profilo culturale e/o professionale più qualificato. Negli anni sotto osservazione, il 5,7% dei laureati è andato a lavorare all’estero.
Ma i titoli non sono tutti uguali
Non tutte le lauree sono facilmente spendibili sul mercato del lavoro. Il Rapporto rende noto che la media di laureati degli anni scorsi già occupati, pari all’85,6%, schizza oltre l’89% tra quanti hanno conseguito un titolo in materie scientifiche e scivola sotto l’80% tra i laureati dei gruppi giuridico, letterario, geo-biologico e psicologico. Stesso andamento per le retribuzioni. Tra i due gruppi la differenza media arriva a superare i 500 euro mensili. Bassa la quota di laureati già occupati a un anno dal conseguimento del titolo, attestata intorno al 70%.
Negli atenei una crisi per nulla finita
Vista dalle università italiane la crisi economica non sembra finita. Tutt’altro. Le immatricolazioni sono tornate a crescere (+9,3% lo scorso anno accademico sul precedente) ma il calo rispetto al 2003/2004 è pari a 40mila nuova iscritti (-13% circa), accumulato soprattutto negli atenei meridionali. Di positivo c’è che, in questo periodo, si è registrato un saldo attivo nelle discipline scientifiche. Ma è preoccupante il calo registrato al Sud che perde, oltre ai diplomati, anche quote crescenti di laureati.
Quant’è lontana l’Europa
Il combinato disposto dei risultati del Rapporto è che l’Italia rimane penultima in Europa per numero di laureati: dietro il nostro Paese c’è solo la Romania. Uno dei mali italiani gravi. Per ora, a quanto pare, non curato.