Lo sviluppo delle tecnologie digitali porterà a una contrazione dell’occupazione oppure sorgeranno nuove e inedite possibilità di lavoro? È un tradizionale dilemma che ha sempre accompagnato l’accelerazione tecnologica. Oggi, però, l’impatto di questa rivoluzione sta destabilizzando il mercato del lavoro e rischia di spaccare il mondo del lavoro tra “vincenti” e “perdenti” della modernizzazione. Non si tratta di discutere, allora, solo di innovazione tecnologica ma anche dell’innovazione sociale necessaria per realizzare una società più giusta ed equa. Quale ruolo può giocare lo Stato nei processi di innovazione? È molto diffusa la tesi che siano le imprese private i principali motori dell’innovazione imprenditoriale. È sempre o prevalentemente così? L’attore pubblico, a livello sia centrale che locale, quali politiche può promuovere per generare innovazione tecnologica e sociale?
Da tempo il sistema di relazioni industriali è in grande sommovimento sotto la spinta dei processi di globalizzazione e di innovazione tecnologica. I tradizionali sistemi di tutela del lavoro sono in crisi e la competitività del paese è in declino. Si pone il problema di quale può essere il ruolo dei sindacati e delle associazioni datoriali nel definire nuove forme di tutela nell’epoca della precarietà e frammentarietà del lavoro, del lavoro nelle piattaforme digitale e, al contempo, nel favorire l’azione delle imprese nella competizione globale. Le relazioni sindacali e la contrattazione collettiva come possono essere ripensate per assolvere ai loro compiti? Oppure i sindacati e le associazioni datoriali sono destinati a un inevitabile declino? Quale ruolo può giocare la partecipazione dei lavoratori ai processi decisionali aziendali?