La CNA, insieme a Rete Imprese Italia, ha presentato l’8 febbraio scorso al viceministro all’Economia Luigi Casero un documento ufficiale ove sono state formulate le richieste in merito agli studi di settore.
Al fine di meglio tutelare gli interessi delle imprese nell’evitare che l’evasione determini una concorrenza sleale, di evitare l’introduzione di accertamenti vessatori ed indiscriminati e di ridurre la pressione fiscale ormai insostenibile, la CNA ritiene che:
- gli studi di settore non devono essere più utilizzati quali strumenti di accertamento dall’Agenzia delle entrate;
- deve essere confermato l’attuale meccanismo premiale degli studi che protegge le imprese da altri sistemi di accertamento presuntivi;
- deve essere introdotto, a regime, un sistema premiale di riduzione del carico fiscale sul reddito incrementale dichiarato rispetto al valore soglia minima.
In occasione di una videoconferenza effettuata dalla CNA lo scorso 11 febbraio 2016 con 30 sedi sul territorio, sono stati forniti i dati delle imprese soggette agli studi di settore dal 2009 al 2014. Tali dati dimostrano valenza ed efficacia dello strumento nonché rispondenza degli stessi alla realtà economica delle imprese, nonostante gli effetti ancora in atto della crisi economica.
Il calo complessivo dei ricavi/compensi (-8,8%) del periodo dal 2009 al 2014 è del tutto imputabile alla crisi economica in quanto i cali dei livelli di congruità sono nettamente inferiori. Nonostante la crisi, dai dati analizzati, risulta che per il 2014 il 75,1% delle imprese è in regola con gli studi di settore.
Non solo, sempre con riferimento all’anno 2014, i ricavi dichiarati oltre quelli richiesti per la congruità sono stati oltre i 54 mld, elemento importante per il nuovo sistema premiale che chiede la CNA.
Sono stati, al contrario 25,4 i miliardi richiesti ai soggetti non congrui per raggiungere il ricavo stimato dagli studi di settore.