Mangiare italiano è non solo buono, fa anche bene alla salute. Ma nel nostro Paese è preoccupante che un numero crescente di consumatori si fidi di personaggi famosi in altri campi, magari senza alcuna competenza specifica, per orientarsi nelle scelte enogastronomiche. Lo si rileva dai dati diffusi dagli uffici dell’Unione europea, e in particolare dall’Eurobarometro dedicato, in occasione della prima Giornata mondiale della salubrità alimentare indetta dall’Organizzazione delle nazioni unite.
Sano & italiano
Lo scorso anno sono state 399 le notifiche inviate dall’Italia all’Unione europea relativamente a prodotti alimentari poco sicuri. Ebbene, di questi alimenti meno di un quinto sono Made in Italy, per la precisione il 17 per cento, il resto proviene da fuori confine, cibo realizzato in Europa e fuori dall’Europa. Un maggiore controllo sulle importazioni di alimenti extra-Ue (e non solo sulle produzioni Ue) è stato chiesto di recente anche dalla Corte dei conti europea che ha sollecitato la Commissione di Bruxelles a prendere rapidamente le necessarie misure.
Tra scienziati e imbonitori
Per gli italiani la provenienza e la sicurezza dei prodotti sono aspetti molto importanti quando si acquistano alimenti. A farsi orientare prioritariamente da questo parametro è il 24 per cento dei residenti nel nostro Paese contro una media comunitaria che si ferma al 22 per cento. Gli italiani, però, non si curano particolarmente, fuori dalla spesa quotidiana, della sicurezza alimentare: quanti si dichiarano complessivamente interessati all’argomento rappresentano il 17 per cento del totale rispetto a una media Ue del 41. Magari perché vivono in un Paese che tiene alle produzioni salutari oltre che buone. Meno comprensibile, invece, il credito riservato nel nostro Paese a blogger, influencer e personaggi famosi (in altri campi), ritenuti degni della fiducia dei consumatori addirittura dal 29 per cento della popolazione contro una media europea del 19 per cento. Ora, se tra i blogger che parlano di mangiare, ce ne sono di altamente competenti (ma di certo non tutti), non si comprende perché gli italiani si fidino di persone che invece non hanno titoli sufficienti ai suggerimenti. Quando si passa all’indice della fiducia, però, gli scienziati sono in testa, mentre ai piani bassi della graduatoria ci sono le istituzioni nazionali (ritenute credibili dal 60 per cento degli italiani) e quelle europee, credibili nel nostro Paese per il 57 per cento della popolazione. Ma solo di poco va meglio nel resto della Ue, dove i fiduciosi nelle strutture politiche e burocratiche dell’Unione si fermano al 58 per cento.