“L’integrazione tra il porto di Ancona, l’aeroporto di Falconara e l’interporto di Jesi, dal punto di vista infrastrutturale, ci consentirebbe di porci all’avanguardia nel sistema di trasporti intermodali, considerando anche la ferrovia, ma la politica e le istituzioni non ci hanno mai puntato con la sufficiente determinazione. Così il porto di Ravenna, nostro competitor territoriale, registra un continuo aumento del traffico container, grazie agli investimenti della Regione Emilia Romagna attraverso i fondi europei. A farne le spese il porto di Ancona, che paga i ritardi di un’uscita ancora da realizzare e i limiti di una classe imprenditoriale conservatrice”. Ha affermato il responsabile CNA Fita Marche, Riccardo Battisti.
La situazione di arretratezza delle infrastrutture marchigiane si ripercuote sull’intero settore dell’autotrasporto.
Negli ultimi dieci anni, nelle Marche, un tir ogni cinque ha spento per sempre il motore. Si è passati da 4.680 imprese di trasporto nel 2010 a 3.652 alla fine di maggio di quest’anno. Una perdita di 1.028 aziende ed oltre 3 mila dipendenti. Solo nel 2020 l’autotrasporto marchigiano ha perso 50 imprese e 43 nei primi cinque mesi del 2021.
Un contesto preoccupante a cui ha dato il colpo di grazia finale il caro gasolio e taglio degli sgravi fiscali sulle accise. L’impennata dei prezzi dei carburanti e il rischio che il Governo riduca la compensazione sulle accise per l’acquisto del gasolio (considerato un sussidio dannoso per l’ambiente), costringeranno alla chiusura migliaia di imprese del settore, bloccando il sistema italiano dei trasporti, con pesanti ripercussioni per logistica e comparto manifatturiero. A questo si aggiungono la concorrenza sleale delle imprese dell’Est Europa e la violazione delle regole da parte degli autisti di tir stranieri.
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