Ogni mille litri di carburante pagano 617,40 euro di accise. Gli autotrasportatori italiani sono al secondo posto in Europa per incidenza delle accise sul costo del gasolio, preceduti solo dagli olandesi. Sono diciotto le accise che gravano sulle imprese di autotrasporto. La prima risale al 1956 per il finanziamento della crisi di Suez. In seguito, ogni disastro, alluvione o terremoto è stata applicata un’accisa. Stessa cosa per il finanziamento delle missioni Onu.
“Si tratta – afferma il responsabile di CNA Fita Marche, Riccardo Battisti – di maggiori spese che penalizzano pesantemente le 3.453 imprese di autotrasporto delle Marche, rispetto ai tanti tir stranieri che sbarcano al porto di Ancona per consegnare merci nella regione e nel resto d’Italia. A questo si aggiunge anche il costo del lavoro degli autisti stranieri, decisamente più basso del nostro”.
Per compensare le maggiori spese, fino ad oggi è prevista una riduzione delle accise dello 0,23 per cento per il gasolio da autotrazione. Ma ora questi rimborsi vengono messi in discussione. Per questo Unatras, il coordinamento unitario delle associazioni di autotrasporto, ha scritto al Ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile, Enrico Giovannini, per chiedere il mantenimento dei rimborsi sulle accise.
“Eliminare i rimborsi – spiega Battisti – significherebbe far salire subito i prezzi dei prodotti di largo consumo, perché aumenterebbero i costi del trasporto delle merci. In un momento di forte crisi, come quello attuale, sarebbe una decisione con effetti fortemente recessivi. Sarebbe penalizzata una categoria, quella dell’autotrasporto, che ha mostrato ancora una volta, durante la pandemia, di tenere in piedi il paese, garantendo l’approvvigionamento dei beni di prima necessità ed il rifornimento di ospedali, farmacie e generi alimentari. Inoltre si prospetterebbe non solo una Pasqua in lockdown, ma anche più cara per i consumatori e ne risentirebbe l’intero ciclo economico.”
Secondo Unatras, un ulteriore attacco al rimborso delle accise per autotrasporto, sarebbe incomprensibile e inaccettabile, perché colpirebbe una categoria che in questi anni ha sostenuto poderosi investimenti per la transizione ecologica.
A questo si aggiunge la pandemia che, negli ultimi dodici mesi, ha provocato un calo del fatturato nell’autotrasporto merci marchigiano, del 18 per cento, del 38,1 per cento nella logistica addirittura del 50,9 per cento nel trasporto persone
“Non nascondiamo – prosegue il responsabile di CNA Fita Marche – la nostra preoccupazione per proteste incontrollate di una categoria sull’orlo di una crisi di nervi, che potrebbero sfociare in azioni forti e di difficile gestione per l’ordine pubblico, come è accaduto in Francia con i gilet gialli”.
Le richieste di CNA Fita? Favorire la transizione ecologica, continuando ad assicurare una dotazione finanziaria costante e duratura al Fondo per il rinnovo del parco veicolare, istituto presso il Ministero delle Infrastrutture. Un fondo che consente, con contributi certi, di rottamare i veicoli più inquinanti e obsoleti. Infine attuare una vera politica della intermodalità, grazie ai fondi Marebonus e Ferrobonus, finanziati fino al 2026, in modo da consentire agli autotrasportatori di optare sulle medie e lunghe distanze per la modalità marittima e quella ferroviaria, anziché interamente quella stradale.