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Modena e le tasse: 56esimo posto in Italia, terzo in regione

Nuove metodologie di calcolo e analisi ampliata per la ricca indagine di CNA Nazionale sulla tassazione nelle pmi italiane, un confronto incrociato tra 135 comuni italiani, e – quest’anno – anche qualche città straniera. Una classifica, quella intitolata “comune che vai, fisco che trovi”, che vede Modena al 56esimo posto su 135 piazze a livello nazionale, e sul podio in regione per ciò che riguarda le città capoluogo di provincia.

I calcoli li ha fatti l’Osservatorio permanente della CNA Nazionale sulla tassazione delle pmi, che ha realizzato una simulazione riferita a una impresa manifatturiera rappresentativa del tessuto economico italiano (nel caso specifico, un’azienda individuale con quattro operai e un impiegato, operante in un laboratorio artigiano di 250 metri quadrati, con un negozio destinato alla vendita di 175 mtq e relativi macchinari e arredamenti, oltre che di un automezzo, ricavi per 431.000 euro e un reddito d’impresa di 50.000 euro). Un’azienda di questo tipo, a Modena, nel 2017 avrà pagato a fine anno 29.904 euro di tasse, il 59,8% del proprio reddito (cioè 125 euro, lo 0,2%, in più rispetto al 2016), imposte che per il 78,2% sono “nazionali” (Irpef, contributi, eccetera), per il 19,5% comunali e il 2,3% regionali. All’imprenditore, quindi, partendo da un reddito d’impresa di 50.000 euro, rimarrebbero 20.096 euro, vale a dire circa 1.675 euro al mese, senza tredicesime di sorta.

Tradotti in termini “cronologici”, significa che l’impresa in oggetto quest’anno lavorerà per il fisco sino al 5 agosto – il tax free day degli imprenditori modenesi – con 218 giorni all’anno impegnati a pagare i tributi e 147 giorni per i consumi personali.

Insomma, una classifica che per la nostra città è senza infamia e senza lode, con un prelievo fiscale che si è ormai consolidato nel tempo, come dimostra la tabella seguente.

Le cose potrebbero cambiare per quelle imprese che scegliessero l’opzione Iri: l’imposta sul reddito d’impresa, un regime opzionale applicabile alle imprese individuali e alle società di persone in contabilità ordinaria, in base al quale le somme prelevate dai soci dal reddito d’impresa sono tassate sulla base delle aliquote Irspef dei soci stessi, mentre la parte del reddito che rimane nell’impresa è tassata con un aliquota fissa del 24%. Grazie a questo meccanismo, fortemente voluto da CNA, si avrebbe una notevole riduzione – 1.427 nel caso modenese – della tassazione Irpef, sia a livello nazionale che locale.  

Andamento tassazione imprese modenesi

Numeri alla mano, negli ultimi sette anni le variazioni non sono state poi così ampie, anche se non è stato sempre così, come dimostra l’andamento del Total Tax Rate nel triennio 2012 (63,9%), 2013 (63%) e 2014 (61,9%). “In ogni caso, – commenta Umberto Venturi, presidente della CNA di Modena – i numeri testimoniano come il fisco rappresenti davvero un’emergenza. Basti pensare che anche in città esose come Londra o Madrid, dove la tassazione totale è rispettivamente al 32,5% e 43,2%, è più facile fare impresa. La pressione fiscale in Italia è troppo elevata, qualunque dato si prenda. Ma il problema vero risiede piuttosto nella iniqua distribuzione del carico, che si distingue in modo radicale secondo la natura del reddito e svantaggia le imprese, in particolare le piccole imprese personali. Ed è ovvio come la tassazione dei redditi prodotti dalle persone fisiche non possa essere diversa a seconda della differente modalità con cui si genera reddito”. Secondo CNA è’ arrivato il momento di intervenire su un sistema fiscale evidentemente squilibrato per raggiungere tre obiettivi di utilità generale:

  • ridurre le imposte garantendo maggiore equità nel prelievo tra diversi redditi da lavoro
  • invertire sensibilmente la tendenza del trasferimento alle imprese degli oneri sui controlli
  • usare in modo intelligente la leva fiscale per aumentare la domanda interna

Per raggiungere in tempi rapidi e senza oneri aggiuntivi questi tre obiettivi occorre:

  • ridurre la tassazione sul reddito delle imprese personali e sul lavoro autonomo, utilizzano le risorse provenienti dalla spending review e dalla lotta all’evasione
  • rendere l’Imu pagata sugli immobili delle imprese completamente deducibile dal reddito rivedere la tassazione Irpef delle imprese personali e degli autonomi, prevedendo delle riduzioni automatiche all’aumentare del reddito dichiarato rispetto al reddito ideale previsto dai nuovi Indicatori sintetici di affidabilità che hanno sostituito gli Studi di Settore
  • trasformare le detrazioni relative ai lavori edili in crediti d’imposta cedibili alle banche
  • definire il concetto di insussistenza di autonoma organizzazione per non assoggettare i soggetti all’Irap e aumentare la franchigia Irap ad almeno 30mila euro
  • rivedere al più presto i criteri per l’attribuzione dei valori catastali degli immobili, per allinearli periodicamente ai valori di mercato a invarianza di gettito
  • agevolare il passaggio generazionale delle imprese individuali tramite la completa neutralità fiscale delle cessioni di azienda, come è previsto nei conferimenti
  • evitare di spostare sulle imprese gli oneri dei controlli attraverso un uso intelligente della fatturazione elettronica, eliminando nel più breve tempo possibile tutti i regimi Iva del reverse change previsti attualmente, lo split payment, la ritenuta dell’8% sui bonifici relativi a spese per le quali sono riconosciute detrazioni fiscali.
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