Il report dell’agenzia di rating e il paragone europeo con Beglio, Francia, Portogallo, Spagna e Regno Unito. Le Pmi italiane forniscono il più alto valore aggiunto ma sono ferme al 2008 e il tasso di mortalità supera la natalità. Erano il punto di forza del tessuto imprenditoriale italiano, il motore di un’economia che dà lavoro a 5,2 milioni di persone e genera oltre il 40% del Pil privato. A smontare il mito delle piccole e medie imprese italiane ci ha provato Moody’s, una del tre maggiori agenzie di rating a livello mondiale. In un report sulle differenze tra PMI in Europa che sottolinea la pessima performance di quelle italiane, con il più alto tasso di fallimento dei Paesi presi in considerazione.
“Quella di Moody’s è un’analisi ingenerosa e non analizza il problema nella sua completezza – spiega Sergio Silvestrini, Segretario Generale CNA -. Per performare meglio è necessario anche un contesto in grado di supportare le aziende: meno burocrazia, più credito, pagamenti puntuali e un mercato con regole più amiche dell’impresa. E’ innegabile poi che l’Italia sia uno tra i Paesi più massacrati dalla crisi del 2008 e le conseguenze hanno pesato anche sulle PMI”.
In allegato, il testo integrale dell’articolo apparso oggi a pagina 6 del Corriere della Sera.