Nel 2017, dopo tre anni di crescita ininterrotta dell’occupazione, il numero di occupati totali è tornato ad essere quello del 2008 (23.022.900) e il tasso di occupazione medio nazionale, dato dal rapporto tra numero di occupati e popolazione con 15 anni o più, è risultato pari al 44,2%.
I dati diffusi dall’ISTAT sull’occupazione nei sistemi locali del lavoro consentono di tracciare una mappa dettagliata della ripresa occupazionale che ha riguardato tutte le specializzazioni produttive, ma che a livello territoriale presenta andamenti asimmetrici.
Rispetto al dato medio nazionale, valori più elevati del tasso di occupazione, si registrano nei sistemi locali del Made in Italy, dove il tasso di occupazione medio è del 46,5% ed è impiegata una quota considerevole di occupazione complessiva (27,1%) e nei sistemi urbani ad alta specializzazione, dove è impiegata il 16,7% della forza lavoro e il tasso di occupazione arriva al 49,2%. La concentrazione di questi sistemi soprattutto nelle regioni del Centro-Nord ha favorito in questi territori una crescita dell’occupazione e dei redditi maggiori che nel Mezzogiorno d’Italia.
Tra il 2014 e il 2017 la crescita dell’occupazione nelle regioni meridionali ha conosciuto però una accelerazione registrando un incremento (+4,1%) superiore rispetto a quello medio nazionale (+3,3%).
Aumenti della base occupazionale considerevoli, oltre che nei sistemi locali che ospitano gli stabilimenti dell’automotive e del petrolchimico, sono riscontrabili anche in quelli caratterizzati dalla presenza di piccole e medie imprese: è il caso del sistema locale del tessile e abbigliamento di Casarano (LE) (+10,9%) del sistema locale delle pelli e cuoio di Minervino Murge (BT) (+10,1%) e dei sistemi locali di Giulianova (TE) (+3,6%) e Teramo (TE) (+3,6%).
In media l’occupazione è aumentata in tutti i sistemi locali del Made in Italy: tessile e abbigliamento +1,8%; pelli e cuoio +1,8%; Fabbricazione di macchine +2,0%; legno e mobili +1,9%; agroalimentare +1,9%; gioielli, occhiali e strumenti musicali +2,2%.
Emerge, quindi, l’importanza delle specializzazioni produttive e di conseguenza la necessità di investire in competenze, ricerca e sviluppo. Questo obiettivo deve essere perseguito dal legislatore attraverso linee di intervento caratterizzate da una forte declinazione territoriale. Politiche volte da un lato a mitigare i fenomeni di concentrazione dell’economia, sempre più spostata verso i grandi centri e volte a garantire una maggiore coesione territoriale e sociale, dall’altro volte ad incrementare la competitività ed attrattività dei territori.