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Pac post 2020, scende in campo la Commissione europea

Prosegue l’iter della Politica agricola comune post 2020, che comincia a delinearsi in maniera più netta. Dopo la presentazione a Roma delle proposte presentate dal parlamentare europeo Dorfmann, è toccato a Elisabetta Siracusa, capo di Gabinetto del commissario Phil Hogan e Flavio Coturni, capo dell’unità “Prospettive della Politica agricola” alla DGg Agricoltura e sviluppo rurale, illustrare le proposte legislative sulla riforma della Pac nel contesto del prossimo bilancio a lungo termine dell’Ue (2021-2027) adottate dalla Commissione europea lo scorso primo giugno.

Le proposte seguono la “Comunicazione sul futuro dell’alimentazione e dell’agricoltura” lanciata della Commissione il 29 novembre 2017 e, a parziale accoglimento delle numerose istanze pervenute da tutti gli stakeholder del settore primario, vanno nella direzione di una modernizzazione e semplificazione della Politica agricola comune al fine di garantire migliori risultati economici, ambientali e sociali per gli agricoltori e le comunità rurali. Non mancano tuttavia brutte notizie per gli agricoltori…
 

I benefici dell’agricoltura e della Pac

Nel quadro dell’Unione europea, l’agricoltura si traduce per i cittadini in 44 milioni di posti di lavoro messi a disposizione dal settore agroalimentare, sicurezza alimentare per circa 500 milioni di consumatori e in un mercato dell’export agroalimentare che vale circa 138 miliardi di euro, ma anche in un presidio del 48% del territorio dell’Unione, in un volano di economia biologica e circolare, in un presidio contro le variazioni climatiche e in una fonte di energia pulita.

In questa prospettiva la Pac deve fornire un quadro politico comune corredato degli adattamenti necessari a livello locale, sostegno ai redditi agricoli e alla competitività promuovendo contemporaneamente la sostenibilità, un sostegno allo sviluppo delle aree rurali dell’Ue e consentire il funzionamento del mercato unico fornendo all’Unione un’unica voce nelle relazioni internazionali.

L’agricoltura italiana, grazie alla Pac in corso, beneficia nel periodo 2014-2020 di circa 41,5 miliardi di euro, 27,1 dei quali derivati dal I Pilastro, 4 per gli Ocm e 10,4 dal II Pilastro (che diventano 21 grazie al cofinanziamento nazionale); cifre che hanno sensibilmente contribuito a rendere il nostro agroalimentare un settore strategico trainante per il paese, con una crescita proiettata per il 2018 del 3,5%, proponendolo come modello agricolo diversificato che ci ha portato al primato mondiale per prodotti a indicazione geografica di qualità, alla leadership europea per aziende biologiche (oltre 60mila), al record di export e all’essere considerato esempio di agricoltura innovatrice e multifunzionale.

Ora però la musica, almeno per quanto riguarda la Politica agricola comune, è destinata a cambiare.
 

Le sfide

Nella formulazione delle proposte, oltre che alle richieste giunte dalla società civile a proposito di alimentazione, sicurezza, salute, ambiente e benessere animale, la Commissione ha tenuto conto del quadro attuale e ha dovuto modificarlo per far fronte al buco di bilancio derivato dalla Brexit, al finanziamento delle nuove politiche prioritarie europee (immigrazione e difesa comune) e a una serie di sfide, vecchie e nuove, a cui l’agricoltura europea si trova di fronte.

In generale la proposta della Commissione per la nuova Pac tiene contodella scarsa redditività per i produttori e del problema della volatilità dei mercati, ma anche dell’aumento degli eventi legati al cambiamento climatico, del rapporto tra agricoltura, ambiente e risorse naturali, delle differenze dei modelli agricoli e delle condizioni socioeconomiche in Europa, della necessità di un ricambio generazionale sui campi e di quella di semplificare e modernizzare un apparato burocratico divenuto soffocante e incomprensibile.
Tutti elementi che vedono il nostro paese, con il suo 59% di aziende sotto i 5 ettari e il 4,5% guidato da agricoltori con meno di 35 anni, coinvolto nelle problematiche che affrontano.
 

La proposta della Commissione in cifre

In questo contesto il risultato dei lavori della Commissione è stato quello da tutti paventato: un taglio della dotazione, che in relazione al bilancio europeo passa dal 37,6% del periodo 2014-2020 a un più modesto 28,5%. Nello specifico la proposta prevede un ammontare totale per la Pac di poco più di 365 miliardi di euro, 286,185 dei quali destinati al I Pilastro e il resto al II Pilastro.

Nell’ambito del I Pilastro (Feaga), generalmente finanziato totalmente dall’Ue, si assiste a un taglio del 3,9% di tutti i pagamenti diretti a cui sono stati destinati 267,485 miliardi, con un’ulteriore convergenza dei pagamenti diretti tra gli Stati membri. Un taglio analogo lo si registra, con l’eccezione dei regimi per le scuole e per l’apicoltura, nelle misure di mercato con dotazione finanziaria, a cui sono stati destinati 19,870 miliardi.

Al II Pilastro (Feasr) sono stati destinati 78,811 milioni di euro puntando a un riequilibrio tra Ue e Stati membri in un’ottica di riduzione del cofinanziamento Ue per portarlo in linea con altri fondi strutturali.

Prevista la possibilità di trasferimento tra i due fondi di un 15% della dotazione, a cui si può aggiungere un ulteriore 15% dal I al II Pilastro per interventi con obiettivi ambientali e climatici e un 2% per i giovaniagricoltori.

Per l’Italia gli interventi proposti si traducono in un taglio del 3,9% dei pagamenti diretti, a cui sono destinati poco meno di 25 miliardi di euro e a una riduzione del 15,3% delle risorse per lo sviluppo rurale, per un ammontare di poco meno di 8,9 miliardi. A fronte di un aumento del sostegno per l’apicoltura, quello per l’ortofrutta rimane flessibile e si riducono i pagamenti diretti e le altre misure di mercato.
 

Gli elementi chiave

Gli elementi chiave che hanno guidato la riforma sono sostanzialmente cinque: riequilibrio delle responsabilità tra Bruxelles e gli Stati membri in una prospettiva di maggiore sussidiarietà; sostegno più mirato e incentrato sui risultati; distribuzione più equa dei pagamenti diretti; maggiore ambizione per ambiente e clima e, infine, semplificazione e modernizzazione.

Il riequilibrio delle responsabilità tra Ue e Stati membri dovrebbe avvenire attraverso l’introduzione di un processo scalare che parte da una serie di indicatori che traducono gli obiettivi generali dell’Ue in una serie di interventi generali. A questo punto toccherà agli Stati membri che, attraverso i propri Piani strategici nazionali, dovranno orientare gli interventi della Pac ai loro bisogni in maniera mirata, in modo da progredire verso gli obiettivi propri e comunitari.

Per quanto riguarda la valutazione delle performance, l’approccio pluriennale per tutta la Pac sarà quello di valutare tre macrocategorie. Quella dell’affidabilità, legata alla liquidazione finanziaria annuale che dovrà essere legata a un output, senza il quale la spesa non sarà ammissibile, legata a sua volta a doppio filo agli indicatori comuni di output. Il monitoraggio consisterà in un esame dell’efficacia di attuazione in un’ottica di progresso verso gli obiettivi. Anche il monitoraggio sarà legato agli indicatori comuni di risultato e porterà alla definizione delle azioni da intraprendere se i target preposti non vengono raggiunti, nonché alla sospensione dei pagamenti se le azioni non vengono intraprese o non risultano efficaci.
Le performance verso gli obiettivi saranno invece valutate grazie a degli indicatori comuni di impatto delle azioni intraprese sugli obiettivi stessi.

Per quanto riguarda il fondamentale capitolo dei pagamenti diretti, la condizionalità è generalmente rinforzata su ambiente e clima e si annuncia una riduzione di tutti i pagamenti superiori ai 60mila euro con livellamento a 100mila.
Il sostegno di base al reddito per la sostenibilità prevede un importo uniforme per ettaro, oppure differenziato per gruppi di territori che presentano condizioni socioeconomiche o agronomiche analoghe. Sono previste dimensioni minime per l’accesso all’aiuto in base a decisioni nel merito dei singoli Stati membri, ai quali sono delegate le definizioni degli elementi da considerare, quali quella di agricoltore vero e proprio, giovane agricoltore, attività agricola, ettari ammissibili…
In caso di diritto all’aiuto è prevista un’ulteriore convergenza interna, con valore pari almeno al 75% dell’importo unitario medio entro il 2026, così come un tetto massimo al diritto.
Per il sostegno ridistribuito complementare per la sostenibilità, accessibile ad aziende piccole, medie o grandi, è previsto un pagamento aggiuntivo per ettaro perché non si ecceda la media nazionale. Importo, fasce di ettari e massimo numero di ettari per agricoltore sono decisi dagli Stati membri.

I sostegni per regimi ecologici sono destinati a coloro i quali applichino pratiche benefiche per clima e ambiente. Condizioni e importi sono decisi dallo Stato membro.
Il sostegno complementare al reddito per i giovani agricoltori è destinato ai giovani che hanno recentemente costituito per la prima volta un’azienda e consiste in un ulteriore pagamento aggiuntivo per ettaro.
Il sostegno accoppiato copre un ampio ventaglio di settori, tra i quali la novità dei prodotti non alimentari con potenziale di sostituire materiali fossili nella bioeconomia. L’importo, deciso dagli Stati membri, può raggiungere il 10% dell’allocazione dei pagamenti diretti, con un ulteriore 2% in caso di colture proteiche.
Gli aiuti forfettari per i piccoli agricoltori, infine, sono determinati dagli Stati membri e opzionali per gli agricoltori, e andrebbero a sostituire gli aiuti diretti.

Per una distribuzione più equa tra gli Stati membri, la proposta prevede che tutti quelli con pagamenti diretti al di sotto del 90% della media Ue vedano il divario tra il livello attuale e il 90% di quella media, colmato del 50% in sei anni.

Nell’ambito della maggiore ambizione su ambiente e clima, va osservato che tre dei nove obiettivi specifici della Pac riguardano proprio questi argomenti. La questione viene affrontata con un approccio globale Pac, che detta condizioni specifiche riguardo la condizionalità, più specifici interventi per l’ambiente del I e II Pilastro, pianificati congiuntamente nei piani strategici Pac. La cosiddetta ‘nuova condizionalità’ dovrebbe unire e migliorare gli aspetti dell’attuale condizionalità e del greening, mentre i piani strategici della nuova Politica agricola comune dovranno tenere conto di una serie di analisi, obiettivi e target di altre leggi esterne alla Pac ma riguardanti ambiente e clima.

Insieme a un miglioramento degli strumenti attualmente a disposizione, la proposta prevede anche l’obbligo legale per gli Stati membri di innalzare il livello di ambizione, rispetto all’attuale, in fatto di ambiente e clima, nonché quello di spendere almeno il 30% delle dotazioni del Feasr, con esclusione dei vincoli naturali, per interventi direttamente focalizzati su ambiente e cambiamenti climatici. L’ottica generale è che almeno il 40% del budget Pac (Feaga più Feasr) deve essere rilevante per i cambiamenti climatici.

La nuova Architettura verde continuerà su un percorso basato su conoscenza e sua diffusione, servizi di consulenza aziendale, cooperazione e innovazione, ma renderà obbligatoria per gli agricoltori una ‘nuova condizionalità rafforzata’, che sostituirà greening e vecchia condizionalità e prevede quattordici pratiche basate su criteri minimi europei in tema di clima e ambiente oltre ai requisiti della direttiva nitrati, della direttiva quadro acqua e della direttiva natura 2000. Le attuali misure, volontarie per gli agricoltori, su clima e ambiente del II Pilastro saranno potenziate dai regimi ecologici del I.

La semplificazione della Pac dovrebbe essere assicurata dal focus Ue sulle performance, dalla semplificazione e riduzione degli oneri amministrativi richiesti nel Piano strategico stabilito secondo i bisogni locali; dalla semplificazione degli interventi in entrambe i pilastri e dal potenziale per un framework di conformità più agevole.
Per i beneficiari, invece, ci sarà un uso intenso delle tecnologie informatiche per un adempimento delle procedure burocratiche più veloce e automatico, un migliore accesso ai servizi di consulenza per fare domanda di sostegno e regole a livello Ue meno dettagliate.
Per le amministrazioni, infine, ci saranno regole Ue meno prescrittive, semplificazione della rendicontazione e stabilità degli organismi e sistemi di governance.

Per la modernizzazione della Politica agricola comune, saranno promosse conoscenza, innovazione e digitalizzazione in agricoltura e nelle aree rurali; saranno investiti 10 miliardi di euro dal programma Orizzonte Europa per sostenere l’innovazione e la ricerca nel campo dei prodotti alimentari, dell’agricoltura, dello sviluppo rurale e della bioeconomia e i piani includeranno una Strategia sui sistemi di conoscenza e innovazione in campo agricolo (Akis) destinato a rafforzare l’interazione tra consulenti, ricercatori, reti rurali e via di seguito.
L’Akis integrerà i servizi di consulenza che copriranno i temi di: requisiti, condizioni e impegni in materia di gestione, strumenti finanziari e piani aziendali, sostegno all’innovazione per preparare e implementare i gruppi operativi Pei e lo sviluppo delle tecnologie digitali. A proposito di tali tecnologie, la nuova Pac favorirà la transizione digitale in agricolturaincoraggiando la digitalizzazione della vita rurale in azienda e nelle comunità, spingendo gli Stati membri a usare big data e le nuove tecnologie di controllo e monitoraggio e inserendo nei Piani strategici elementi in grado di promuovere lo sviluppo delle tecnologie digitali.
 

Mercati: un quadro comune

Per quanto riguarda gli strumenti dell’Ocm, questi rimangono sostanzialmente immutati, ma le modifiche apportate non sono di poco conto. Gli interventi settoriali per ortofrutta, vino, olio d’oliva, luppolo e apicoltura vengono integrati nel regolamento sui Piani strategici della Pac; gli stessi interventi settoriali possono essere estesi a settori agricoli diversi; le regole sulle indicazioni geografiche vengono modificate per renderle più attrattive e gestibili; i budget vengono rivisti sulla base del quadro finanziario pluriennale e, infine, vengono rimossi gli articoli divenuti obsoleti.
 

Aree rurali: il futuro

Al posto delle attuali in circa settanta misure e sottomisure, la nuova Pac prevedrà otto tipi di intervento europeo da definire e adattare da parte degli Stati membri: investimenti, cooperazione, strumenti per la gestione del rischio, insediamento dei giovani agricoltori e avvio di nuove imprese rurali, scambio di conoscenze e informazioni, svantaggi territoriali specifici derivanti da determinati requisiti obbligatori, vincoli naturali o altri vincoli territoriali specifici e, infine, impegni ambientali, climatici e altri impegni in materia di gestione.

Tra le caratteristiche principali del nuovo corso un budget minimo del Feasr da allocare per il 30% agli obiettivi ambientali e climatici e per il 5% per Leader; un programma obbligatorio per gli strumenti della gestione del rischio senza budget minimo; la possibilità di rafforzare le sinergie per i progetti Life e quelli simili al’Erasmus per gli scambi rivolti a giovani agricoltori; il coordinamento, la demarcazione e la complementarietà del fondo Feasr con altri fondi europei; la possibilità di usare strumenti finanziari, incluso il capitale circolante, anche congiuntamente ai sussidi e l’aumento fino a 100mila euro dell’ammontare dell’aiuto per l’insediamento dei giovani agricoltori.

La proposta della Commissione sulla Pac post 2020, accompagnata da una valutazione di impatto che esamina scenari alternativi della politica, è stata recepita lo scorso primo giugno ed è attesa tra la fine del 2018 e il 2019 per il dibattito al Parlamento e al Consiglio europeo, a cui dovranno seguire le approvazioni della legislazione secondaria e dei regolamenti.

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