“Una normativa estremamente rigida, in materia di contratti a termine e contratti di somministrazione può determinare effetti negativi sull’occupazione”. Con queste parole, oggi in audizione alla Camera, abbiamo commentato la normativa in materia di contratti a tempo determinato, introdotta dal decreto Dignità ribadendo la necessità di superare il provvedimento sottolineando che il contratto a tempo determinato è il principale canale di ingresso per i lavoratori nelle imprese attraverso il quale si sviluppano rapporti di lavoro stabili.
Nel mondo dell’artigianato il contratto a termine non è uno strumento di precarizzazione. Piuttosto va impiegato per creare occupazione stabile.
I dati del nostro Osservatorio sul lavoro registrano solo un temporaneo rallentamento nella crescita della diffusione dei contratti a tempo determinato tra agosto e dicembre 2018, che è poi ripartita dal gennaio 2019.
Il decreto Dignità a nostro avviso ha inciso in modo dirompente su un impianto normativo ben funzionante e, nei cui confronti, non poteva essere imputato il problema della precarietà. Il contratto a termine rappresenta un importante canale di ingresso nel mondo del lavoro, per i dipendenti dell’artigianato e della piccola impresa. E’ indispensabile una disciplina snella e facilmente gestibile per il ricorso al contratto a termine. La lotta alla precarietà può essere sostenuta soltanto innalzando il livello delle competenze professionali dei lavoratori dell’artigianato e della piccola impresa, anche perché la stabilizzazione dei lavoratori è un interesse paritetico.
Abbiamo poi rilevato che per fronteggiare gli effetti dell’emergenza Covid sono state introdotte deroghe sui contratti a termine. “Un intervento quanto mai opportuno, ma non certo risolutivo”. E’ necessario abolire la causale; prevedere limiti analoghi a quelli vigenti prima del decreto dignità con riferimento al numero delle proroghe ed alla durata massima dei contratti a termine; eliminare il contributo addizionale richiesto in caso di rinnovo.