La Cassazione con la sentenza allegata dirime l’annoso contrasto giurisprudenziale in merito all’applicazione dell’art. 1669 del codice civile anche nel caso in cui i vizi si siano manifestati a seguito di opere edilizie o di ristrutturazione eseguite su fabbricati preesistenti.
L’art. 1669 cod. civ. stabilisce la responsabilità dell’appaltatore per vizi occulti: “se, nel corso di dieci anni dal compimento, l’opera, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti”; in tali casi “l’appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, purché sia fatta la denunzia entro un anno dalla scoperta“.
Tale ipotesi è diversa da quella disciplinata dall’art. art. 1667 cod. civ. che disciplina la garanzia per le difformità e i vizi dell’opera (vizi conosciuti o riconoscibili) che non è dovuta se il committente ha accettato l’opera e se non li ha denunziati all’appaltatore entro sessanta giorni dalla scoperta; tale garanzia che si prescrive in due anni dal giorno della consegna dell’opera.
Le Sezioni Unite affermano che «l’art. 1669 c.c. è applicabile, ricorrendone tutte le altre condizioni, anche alle opere di ristrutturazione edilizia e, in genere, agli interventi manutentivi o modificativi di lunga durata su immobili preesistenti, che (rovinino o) presentino (evidente pericolo di rovina o) gravi difetti incidenti sul godimento e sulla normale utilizzazione del bene, secondo la destinazione propria di quest’ultimo».