Una crescita se vogliamo lenta, ma continua, quella che sta interessando le imprese modenesi del settore manifatturiero sino a 50 dipendenti. Nel terzo trimestre del 2015, infatti, le pmi di casa nostra hanno segnato un +1,9% rispetto allo stesso periodo del 2014. A trascinare la ripresa, al solito, è l’export, che si attesta al 22,1% del fatturato. Continua, invece, l’erosione dei margini, visto che nel periodo luglio-settembre 2015 il fatturato, malgrado l’aumento della poduzione, è rimasto agli stessi livelli dell’anno precedente. Cresce l’occupazione (+0,8%).
Superata la barriera 2010
Il dato del terzo trimestre consente di prevedere una chiusura positiva per il 2015, anche in considerazione dell’andamento previsto per il periodo ottobre-dicembre, soprattutto per ciò che riguarda gli ordinativi esteri (+22,9% contro il -5,9% di quelli interni, a testimonianzaa delle difficoltà che continua ad incontrare il mercato nazionale). I livelli produttivi risalgono superando i valori del 2010.
“Sono numeri – commenta Umberto Venturi, presidente di CNA Modena – che confermano il consolidamento di un clima diverso, sicuramente più positivo di quello che abbiamo respirato sino a poco tempo fa. Rimane il fiato corto determinato da un fatturato che non cresce come la produzione e che quindi non consente di alimentare come potrebbe la spesa per investimenti, che rappresenterebbe un volano importantissimo per un’economia come quella modenese”.
“Certo è – continua Venturi – che non è solo la congiuntura economica a determinare questo fiato corto”. Il pensiero del presidente della CNA modenese va alla questione fiscale. “La legge di stabilità ha dato segnali positivi importanti, ma rimangono ancora troppe zone oscure. Non ne possiamo più di pagare imposte su redditi non ancora incassati, del fatto che gli utili non distribuiti delle imprese di persone non siano soggette allo stesso regime fiscale delle società di capitali. E’ inaccettabile pagare l’imu sugli immobili che servono a lavorare senza poterla integralmente dedurre. E’ difficile giustificare una diminuzione del 35% degli impieghi bancari verso il settore dell’artigianato, come si è verificato negli ultimi sette anni”.
“Con una tasszione totale che supera il 62,2% degli utili (contro il 40% che si paga nel resto d’Europa), come è possibile fare sviluppo, in termini di investimenti sia strumentali e di capitale umano?”
“Per affrontare questa situazione – chiosa Venturi – occorrono soluzioni urgenti per risolvere, ad esempio, la questione dei tempi di incasso delle fatture, per facilitare il rafforzamento patrimoniale delle imprese riducendo la tassazione sugli utili, per amplificare la funzione dei Confidi, per favorire i passaggi d’impresa (non solo all’interno della famiglia) l’ingresso di soci interessati allo sviluppo di medio termine dell’azienda”.