Sono molte le imprese romane che rischiano di chiudere definitivamente. La restante parte, anche quando ricomincerà a lavorare a pieno regime, non avrà risorse, visto che dovrà pagare affitti arretrati, dipendenti, materiali e scorte di magazzino. A lanciare l’allarme è la CNA di Roma che ha svolto un’indagine in collaborazione con Swg sugli effetti che sta avendo la pandemia sulle imprese romane.
La crisi generata dal Covid19 sulle imprese della Capitale si sta acuendo con forza durante questa seconda ondata. Delle quasi 500 imprese intervistate, solo un terzo è pienamente operativa, ma anche tra queste non mancano le difficoltà. Il 16% delle imprese intercettate, si legge nell’indagine, ha chiuso o sta valutando la chiusura definitiva della propria attività, l’84% prevede un fatturato a fine anno significativamente inferiore a quello del 2019.
In questo panorama gli interventi di ristoro condotti fino ad ora sono stati utili solo per il 27% delle imprese. Le attese sono in primo luogo quelle di una riduzione o sospensione dei prossimi adempimenti fiscali (in particolare contributi previdenziali e versamenti Iva che da qui a fine anno potrebbero mettere in grande difficoltà molte delle imprese più in crisi) e di un intervento sugli affitti.
“I dati raccolti parlano chiaro: la pace fiscale non è più procrastinabile e deve essere il punto di partenza per ridare ossigeno a una categoria sociale fortemente provata dalla crisi – afferma il segretario della CNA provinciale, Stefano di Niola – Chiediamo la sospensione dei versamenti Iva e contributi a fondo perduto per gli affitti. Bene la sospensione dell’Imu, ma sottolineiamo che la maggior parte dei piccoli imprenditori non sono proprietari delle mura dove svolgono le proprie attività e per loro la misura non è applicabile”.