Lo scorso 7 aprile la Commissione europea ha pubblicato, nell’ambito del Semestre europeo per il coordinamento delle politiche economiche, le Relazioni per paese (Country Reports), che saranno la base per l’adozione dei Programmi Nazionali di Riforma e per le Raccomandazioni Specifiche per Paese. Per CNA era presente l’Ufficio Politiche Comunitarie.
Nel corso della presentazione hanno preso la parola, oltre al rappresentante della Commissione Europea, István Pál Székely, Commissione Europea, DG Affari Economici e Finanziari, Riccardo Barbieri, ministero dell’Economia e delle Finanze, Paolo Sestito, Banca d’Italia, Carlo Milani, CER. Tra le osservazioni e quesiti emersi nel corso della presentazione del “Country Report” sull’Italia, l’insufficiente coinvolgimento dei partner sociali nella fase preparatoria del Rapporto, l’opportunità di approfondire i “freni” alla produttività delle imprese italiane, tenuto conto delle loro specificità (le imprese manifatturiere italiane di medie dimensioni dimostrerebbero una migliore performance rispetto ai partner europei) e dimensioni (piccole e medie imprese), l’assenza di approfondimenti nel Rapporto sulle possibili opzioni degli “squilibri macroeconomici” nell’area euro, e ai mancati provvedimenti correttivi di politica economica a livello europeo.
La CNA ha richiesto, nell’incontro in sede europea con il Commissario H. Timmermans, con il sostegno della organizzazione delle PMI più rappresentativa di cui fa parte, UEAPME, che il “ Semestre Europeo” potesse prevedere specifiche Raccomandazioni ai Governi per introdurre riforme e politiche più efficaci per la crescita, gli investimenti e l’occupazione nelle micro PMI. Tra le richieste quella di applicare, ad esempio, i principi dello “Small Business Act” europeo nella elaborazione del Rapporto annuale: questo contribuirebbe anche a un più efficace monitoraggio dell’economia reale nei diversi contesti socio-economici europei.
I punti della relazione affrontano molti degli aspetti da tempo denunciati dalla CNA.
L’elevato debito pubblico dell’Italia rimane un importante freno alla crescita, senza considerare che lo sbilanciamento della composizione della spesa pubblica verso le pensioni di vecchiaia potrebbe togliere spazio a risorse destinate a stimolare la produttività, come quelle per l’istruzione, le infrastrutture e l’innovazione, e per abbattere il carico fiscale sulle imprese.