Questa indagine conoscitiva sul Made in Italy è stata presentata nel corso dell’audizione presso la X Commissione (attività produttive, commercio e turismo) della Camera dei Deputati, avvenuta mercoledì 1° febbraio.
Il Made in Italy è un brand ad elevata reputazione, riconosciuto al livello internazionale per varie e diversificate ragioni che vanno dall’alta specializzazione delle tecniche di produzione insieme all’artigianalità, al forte radicamento delle imprese con il territorio (produzioni distrettuali), alla ricerca continua della qualità (materiali, design, originalità progettuale, finezza della lavorazione, cultura materiale locale, tipicità, ecc.) fino all’idea, nell’immaginario collettivo, del vivere italiano identificato come espressione di ricercatezza e qualità.
Nel corso del tempo si è assistito a numerosi tentativi di promozione del marchio ‘made in’ e spesso il Governo e il Parlamento sono intervenuti per regolarne l’uso rafforzandone la tutela giuridica contro le falsificazioni. La contraffazione, infatti, è uno dei fenomeni che maggiormente colpiscono e danneggiano direttamente le aziende del Made in Italy assieme all’italian sounding o agli effetti generati dell’acquisizione da parte di gruppi stranieri dei grandi marchi del Made in Italy, non sempre in grado di rappresentare un’opportunità.
La sfida attuale per la valorizzazione del marchio made in Italy ruota certamente anche attorno ai concetti di sostenibilità e responsabilità in tutte le loro possibili declinazioni, in una dimensione etica capace di accrescere il valore del prodotto tenendo conto anche dell’impiego della forza lavoro.
Anche per questo il Made in Italy necessita di essere quanto più possibile veicolato, manutenuto e protetto da tutte le imitazioni, ponendo al centro il tema della manifattura italiana, del suo intrinseco carattere molecolare, e del suo “legame intimo” con i territori dove si realizza la produzione.
Bisogna avere consapevolezza che la stragrande maggioranza delle imprese attive nelle filiere del Made in Italy (circa 155 mila aziende) sono micro e piccole imprese (il 96,7% del totale e il 46,7% dell’occupazione complessiva), che manifestano necessità precise collegabili al potenziamento dei canali distributivi, alla capacità di costruire modelli di collaborazione integrata, al reperimento sul mercato del lavoro di idonee figure professionali, ad una gestione del passaggio generazionale che tuteli e tramandi esperienze e segni distintivi – sia da un punto di vista “tecnico”, che “culturale”.
E’ necessario pensare ad un impianto di politiche industriali, del lavoro, della formazione, dell’innovazione, che abbiano organicità di sistema e che tengano conto sia degli scenari geopolitici che stiamo affrontando, sia dei connotati dei nostri territori produttivi.
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