In Italia, nel 2021, l’imprenditoria degli immigrati è cresciuta in modo sorprendente, nonostante la loro vulnerabilità socio-economica e il fatto che siano stati i più colpiti dalla pandemia. Sono 642.638 le imprese immigrate registrate, pari al 10,6% del totale delle imprese attive nel Paese, con un aumento del peso delle società di capitale e dell’incidenza dei comparti del commercio e dell’edilizia. Le imprese avviate dalle nuove generazioni di immigrati mostrano una forte vocazione transnazionale, creatività e innovazione, ma sono ancora refrattarie le politiche a loro sostegno.
Sono alcuni dei risultati del Rapporto Immigrazione e Imprenditoria 2022, presentato oggi a Roma, e curato in collaborazione con IDOS. Una panoramica sull’iniziativa autonomo-imprenditoriale dei cittadini immigrati in Italia, a livello comunitario, nazionale e regionale, utilizzando dati e statistiche affidabili.
A livello UE, a partire dall’Entrepreneurship 2020 Action Plan, l’imprenditorialità dei migranti è stata riconosciuta come cruciale per il futuro dell’Europa, in particolare per il rilancio del sistema economico-produttivo comunitario dopo le crisi finanziaria del 2008 e pandemica del 2020.
I numeri dell’imprenditoria in Europa
Secondo Eurostat, i lavoratori autonomi costituiscono l’11% degli stranieri che lavorano nell’UE e il loro numero è triplicato tra il 2001 e il 2021 (passando da 675mila a 1,7 milioni). Anche in Italia l’imprenditoria immigrata è in costante espansione, anche in anni di crisi e, nonostante la debolezza strutturale dovuta alla maggiore vulnerabilità socio-economica dei soggetti coinvolti (peraltro i più colpiti durante la crisi pandemica), sorprende per la sua consistenza e il suo andamento, in controtendenza rispetto all’imprenditoria autoctona.
Nel 2021, sono 642.638 le imprese “immigrate” registrate presso le Camere di Commercio, pari al 10,6% del totale delle imprese attive nel Paese, con un aumento dell’1,8% rispetto all’anno precedente e del 4,3% rispetto alla fine del 2019 (al contrario, le imprese gestite da lavoratori nati in Italia sono diminuite rispettivamente di -0,4% e -0,9%). I primi dati disponibili per il 2022 mostrano ancora una crescita, anche se a un ritmo più lento: 648.083 alla fine di settembre 2022, con un’incidenza sull’intero tessuto imprenditoriale che sale al 10,7%.
Si tratta in massima parte di un fenomeno endogeno che parte dall’iniziativa dal basso di immigrati già stabiliti da tempo in Italia, con un crescente protagonismo delle imprese a guida femminile (156.002, +48,1% in dieci anni).
Le caratteristiche dell’imprenditoria immigrata
Il Rapporto evidenzia altre caratteristiche peculiari del caso italiano, come la predominanza tra le imprese immigrate della micro e piccola impresa (75,5% sono imprese individuali), l’aumento delle società di capitale (la cui incidenza sul totale è passata in 10 anni dal 9,6% al 16,9%) e la concentrazione settoriale nel commercio e nell’edilizia (rispettivamente 32,9% e 23,5%), con specifiche tendenze alla specializzazione in alcuni gruppi nazionali (per es. il commercio assorbe il 67,3% degli imprenditori marocchini e il 64,1% dei bangladesi). L’imprenditoria immigrata ha inoltre una forte vocazione transnazionale e spesso porta innovazione e creatività, soprattutto tra le nuove generazioni.
“La corretta integrazione, le pari condizioni di accesso al lavoro e alle progressioni di carriera sono un interesse specifico per le imprese artigiane, anche per arginare il problema della concorrenza sleale e del dumping contrattuale” ha dichiarato Marco Vicentini, vicepresidente nazionale CNA.
A fronte dello scarso ricambio autoctono delle leve produttive per il perdurante inverno demografico e la ripresa dell’emigrazione di giovani qualificati, nel Rapporto si suggerisce che l’Italia debba innanzitutto sostenere la strutturazione del sistema delle imprese immigrate. In secondo luogo rimuovere gli ostacoli che ne scoraggiano la nascita e la crescita e infine supportarne il potenziale di innovazione.
Su questa via pare quanto mai opportuno unire le forze per far crescere un “Osservatorio indipendente”, come il Rapporto Immigrazione e Imprenditoria, in grado di monitorare e valutare le politiche attuali e offrire indicazioni adatte alle esigenze reali, superando le percezioni e i luoghi comuni.