La situazione femminile “è particolarmente critica, in riferimento sia alla bassa percentuale della spesa pensionistica complessiva che per ciò che concerne l’importo medio delle pensioni, anch’esso inferiore al comparto maschile”. Così Rete Imprese Italia oggi in Audizione presso la Commissione Lavoro della Camera sulla normativa previdenziale e sulle disparità di trattamenti pensionistici tra uomini e donne.
Rete ha ricordato che le donne, che hanno una durata della vita media più lunga rispetto agli uomini, “sono penalizzate anche nel riscatto dei periodi contributivi (ad esempio quello della laurea), perché il calcolo dell’importo da versare si basa proprio sulla durata della vita”, ecco perché ha suggerito di rivedere questo criterio eliminando il riferimento alla durata della vita e ai conseguenti maggiori oneri che “non hanno ragion d’essere”, in quanto “in presenza del sistema di calcolo contributivo, il trattamento è correlato ai versamenti contributivi effettuati e il coefficiente di trasformazione tiene già conto della speranza di vita media tra maschi e femmine”.
“Superare le disparità pensionistiche fra le lavoratrici dipendenti e quelle autonome” è quanto chiesto da Rete Imprese Italia.
Per andare in pensione, i requisiti richiesti alle lavoratrici dipendenti sono “35 anni di contributi e 57 anni di età”, mentre per le autonome, “oltre ai 35 anni di contribuzione è richiesta un’età anagrafica di 58 anni: si tratta di una discriminazione che appare di dubbia costituzionalità e che non trova giustificazione in presenza del calcolo pensionistico contributivo”.
In allegato il documento di Rete Imprese Italia presentato all’Audizione.