Le semplificazioni sono il primo gran premio della montagna del corposo tour delle riforme. Un tassello fondamentale che dovrà essere coerente con il trittico degli interventi sulla Pubblica amministrazione, la giustizia civile e il fisco. E’ la condizione preliminare per superare le criticità ormai endemiche e dare forte impulso alla ripartenza degli investimenti che rappresentano un fattore cruciale per la ripresa economica. Velocizzare la capacità di spesa è quindi indispensabile, ma per la rigenerazione del Paese la prima discriminante è spendere bene. E’ quanto scrive Sergio Silvestrini, segretario generale CNA, in un editoriale pubblicato su Il Foglio, nel quale illustra alcune considerazioni sul provvedimento. La prima è che sembra una versione aggiustata e corretta del decreto legge varato l’anno scorso, il cui principale limite era la mescolanza disordinata di misure strutturali di semplificazione con quelle dettate dal carattere di emergenza. Il requisito fondamentale del provvedimento dovrebbe essere una visione chiara, semplice e completa, resistendo alla tentazione di regolare troppe materie con la consapevolezza che modificare e semplificare una procedura presuppone di intervenire anche sull’organizzazione amministrativa.
Tra i luoghi comuni da sfatare quello che le maxi-gare rendano più efficiente l’allocazione delle risorse. L’ultimo decennio evidenzia che l’equazione è completamente sballata. L’aumento medio del 70% del valore dei lotti ha prodotto l’esclusione di micro e piccole imprese dal mercato, la lievitazione del contenzioso e l’allungamento dei tempi di realizzazione.
Continua la lettura miope di voler ridurre i tempi della fase di assegnazione, ignorando che l’espletamento delle gare non rappresenta il punto critico della realizzazione di un’opera (0,6 anni su una media di 4,4 anni) mentre si dovrebbe incidere con efficacia sulla fase di progettazione che pesa oltre il 50% della durata complessiva.
Intervenire con la liberalizzazione del subappalto e il massimo ribasso non favorisce velocità e qualità delle opere. Anzi è un riflesso distorto della realtà e rischia seriamente di essere una terapia sbagliata. E’ evidente che la logica dell’appalto integrato e l’esaltazione della figura del general contractor sia logora e non abbia prodotto risultati positivi. Liberalizzare il subappalto significa eliminare ogni riferimento alla effettiva capacità tecnica e organizzativa dell’impresa mentre il massimo ribasso non favorisce la qualità dei lavori.
Da tempo sollecitiamo un nuovo approccio, individuando come priorità la qualità della progettazione esecutiva e il potenziamento delle competenze delle stazioni appaltanti. Semplificare significa delegificare, non introdurre nuove norme che sembrano scritte da esperti di enigmistica piuttosto che da giuristi. Sarebbe un paradosso se il decreto semplificazioni mancasse di semplicità.
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