Nel patrimonio culturale degli artigiani e delle piccole imprese è ben scolpito il valore della concorrenza. Rappresenta il naturale ambiente nel quale misurarsi come testimoniano le oltre 100mila micro imprese che ogni giorno competono sul mercato globale, fornendo un rilevante contributo al record dell’export. Le piccole imprese vivono di concorrenza e contribuiscono ad assicurare la competitività del mercato, assicurando un’offerta plurale a vantaggio dei consumatori. Sergio Silvestrini, Segretario Generale CNA, sulle pagine del quotidiano Il Foglio offre una lettura per rimettere sui giusti binari il dibattito sulla concorrenza in Italia dove la tradizione giuridica e la dominante cultura economica dall’Unità hanno sempre manifestato una certa allergia alle legislazioni favorevoli alla concorrenza. Il crimen monopolii previsto nel diritto romano che ha forgiato l’architettura normativa europea per contrastare la concorrenza sleale fu abolito in Italia alla fine dell’800 lasciando un vuoto per quasi 50 anni. Soltanto nel 1990 e su forte impulso dell’Unione Europea il nostro Paese si è dotato di una legge organica per la tutela della concorrenza, un secolo dopo lo Sherman Act approvato dal Congresso degli Stati Uniti.
Non stupiscono quindi le croniche difficoltà che incontra la legge annuale per il mercato e la concorrenza. Un modello introdotto nel 2009 con l’idea di monitorare ed eventualmente correggere in modo costante le norme all’interno di una strategia univoca. Purtroppo dal 2009 ad oggi la legge annuale è stata approvata soltanto nel 2017 al termine di un percorso parlamentare assai accidentato, perdendo pezzi per strada e con ripensamenti nella fase attuativa.
L’aggiornamento della disciplina della concorrenza in discussione al Senato rappresenta quindi un tema particolarmente avvertito da artigiani e piccole imprese perché la concorrenza risponde all’esigenza di difendere i soggetti economicamente più fragili dagli abusi di coloro che godono di posizioni di mercato dominanti.
Tuttavia, troppe volte in Italia la promozione della concorrenza ha prodotto effetti perversi, i quali hanno finito per mettere “piccoli” in contrasto con altri “piccoli”, o peggio ancora hanno aperto la strada a grandi operatori che hanno finito per avere il sopravvento.
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