Una politica di bilancio espansiva e orientata alla crescita deve necessariamente coinvolgere il sistema delle imprese da parte del Governo per poter definire un coerente ed efficace pacchetto di misure e di riforme. È quanto scrive Sergio Silvestrini, Segretario Generale della CNA, in un editoriale pubblicato sul quotidiano Il Foglio nel quale evidenzia che la tradizionale liturgia che accompagna la messa a punto della legge di bilancio ha fatto squillare alcuni campanelli di allarme rispetto al percorso stretto ma obbligato dal quale il Paese non può deviare per darsi una prospettiva di crescita strutturale e duratura. Alcuni pezzi della classe politica, dei corpi intermedi e della società civile sembrano aver smarrito parte della consapevolezza sul profondo mutamento generato dalla reazione alla pandemia. Sembra prevalere l’interesse a incassare un dividendo per i sacrifici sopportati dall’intero paese, riemergono rivendicazioni parziali che rischiano di acuire mali endemici. L’obiettivo nominale è individuare risposte immediate al disagio sociale ma quello effettivo è il tentativo di modificare l’impostazione della politica economica del Governo emergenziale.
Sembrano preistoria i tempi in cui si sosteneva che la crescita non si fa con il debito. Il post Covid, e la lotta ai cambiamenti climatici, hanno sovvertito il paradigma che fare debito sia una colpa con le inevitabili conseguenze. Non è stato il debito pubblico a ostacolare la crescita del Paese, mentre solo la crescita può curare il debito.
In tale contesto i temi, comunque rilevanti, delle quote nel sistema pensionistico, il reddito di cittadinanza, lo stesso intervento sul cuneo fiscale non rappresentano le priorità per disegnare una traiettoria di crescita. In ogni caso sono risposte parziali a domande fondamentali.
C’è l’esigenza di uscire da un clima di confusione, alimentato dal tentativo di riempire il vuoto delle ideologie con misure ideologiche, dalla scelta della politica di ridisegnare la propria identità in modalità 4.0 attraverso simboli piuttosto che offrire una visione del futuro.
Si tratta di temi ad elevato impatto sociale e di grande appeal politico e mediatico ma che devono essere subordinati a una sana ossessione per la crescita. C’è un lungo elenco di criticità che ostacolano lo sviluppo economico da quasi 30 anni e che sono la causa delle ingiustizie sociali, della carenza di opportunità per i giovani, e anche della crisi demografica.
Crescere è possibile realizzando quelle riforme che creano un ambiente più favorevole alle imprese. Significa aumentare l’efficienza della pubblica amministrazione, potenziare gli investimenti pubblici, comprimere oneri burocratici e amministrativi che rendono biblici i tempi di realizzazione delle opere e, spesso, scoraggiano i necessari investimenti privati. E’ una accelerare sull’innovazione specialmente nel tessuto delle micro e piccole imprese che, tuttavia, stanno fornendo un contributo straordinario al rimbalzo del Pil e alla performance dell’export, superando Germania e Francia. Serve stabilità e certezza dei programmi di sostegno agli investimenti come nel caso dei bonus per l’efficientamento energetico e la riqualificazione immobiliare. Ora che finalmente stanno dimostrando l’efficacia grazie anche ai miglioramenti suggeriti dal sistema delle piccole imprese, la manovra ne prospetta un depotenziamento complessivo con riflessi negativi sul fondamentale comparto dell’edilizia.
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