“Il territorio ravennate – evidenzia Pierpaolo Burioli, presidente della CNA di Ravenna – sta attraversando una fase economica ancora difficile e complicata che ha colpito duramente soprattutto quel tessuto imprenditoriale costituito dalla micro, piccola e media impresa, con diversi indicatori in linea o leggermente superiori alle medie nazionali ma al di sotto di quelle regionali. Al 31 dicembre 2016 erano iscritte presso la Camera di Commercio di Ravenna 39.704 aziende: la flessione rispetto al 31 dicembre 2015 è di 794 unità, con un tasso di variazione del -1,96%. Questo risultato particolarmente negativo è frutto anche della cancellazione d’ufficio, come disposto dalla Corte di Cassazione, di 543 imprese fallite prima del luglio 2006. Senza cancellazioni d’ufficio il saldo, pur sempre negativo, sarebbe stato più contenuto, -251 aziende(-0,61%). La flessione del Registro Imprese nel periodo 2008/2016 è stata del 6,9%, -2.936 unità imprenditoriali. Rispetto alla media generale provinciale l’arretramento dal comparto dell’artigianato è risultato ancora più pesante. Su base annua le imprese artigiane si sono ridotte di 103 unità, pari al -0,95% (10.674 imprese artigiane iscritte all’Albo al 31 dicembre 2016). Negli ultimi otto anni invece il comparto ha perso complessivamente 1470 aziende, -12,1%, una flessione praticamente doppia in termini percentuali rispetto al dato complessivo del Registro. Il movimento anagrafico delle imprese nel primo trimestre 2017 ha registrato, rispetto al primo trimestre 2016, una flessione di 921 imprese pari al -2,28% (da 40.259 a 39.338). Anche nel settore artigiano, nello stesso periodo, la diminuzione è stata consistente, -164 unità imprenditoriali ( -1,53%, da 10.716 a 10.552)”. (Fonte CCIAA Ravenna)
“Il prodotto interno lordo della provincia di Ravenna – prosegue Burioli – per il 2016 è stimato in crescita e dovrebbe attestarsi attorno all’1,0%. A livello settoriale si prevede una crescita del valore aggiunto del manifatturiero (1,3%), delle costruzioni (+4,6%), dei servizi (+ 0,7%). In flessione invece l’agricoltura (-5,6%). Il valore aggiunto ai prezzi base per il territorio provinciale è cresciuto complessivamente dello 0,7%”. (Fonte Unioncamere ER e Prometeia)
“In calo anche i dati dell’export. Nel 2016 – continua ancora Burioli – le esportazioni della provincia di Ravenna registrano una flessione: -54,1 milioni di euro rispetto al 2015, pari al -1,5% in termini relativi. Già il 2015 aveva chiuso con il segno meno, confermando i primi segnali negativi emersi alla fine del 2014. Il dato negativo del 2016 è determinato dalla caduta registrata nel primo trimestre (-10,5%), confermata, ma più contenuta, nel secondo trimestre (-2,5%). Con lo 0,86% del totale nazionale, Ravenna occupa il 43° posto in Italia (recuperando due posizioni rispetto al secondo trimestre) e il 6° in Emilia-Romagna nella graduatoria delle province esportatrici.
Relativamente al mercato del lavoro il numero medio di occupati è cresciuto dell’0,8% (1.400 unità), mentre il tasso di disoccupazione nel 2016 si è attestato attorno al 9,0%, con la previsione che per il 2017 possa scendere all’8,6%”.(Fonte CCIAA Ravenna)
“Il quadro economico regionale invece – afferma il Presidente della CNA – presenta dati nettamente migliori raggiungendo importanti livelli di crescita. Nel 2016 il prodotto interno lordo dell’Emilia-Romagna è aumentato dell’1,4%, valore decisamente superiore all’1,0% del livello nazionale, che ne fa la prima regione italiana per crescita. I valori dell’Emilia-Romagna sono in linea con quelli degli Stati Uniti (il cui PIL è cresciuto dell’1,5%), dei Paesi dell’Area Euro e della Germania (+1,7%), e della Francia (+1,2%). La crescita del PIL della regione si deve però a fattori diversi rispetto al passato, quando la tenuta del sistema regionale era da attribuire quasi esclusivamente al commercio con l’estero. Nel 2016, infatti, si segnalano una ripresa dei consumi (+1,7%) e una crescita più marcata degli investimenti (+2,7%), mentre la frenata del commercio mondiale ha ridotto la dinamica delle esportazioni, che tuttavia risultano ancora in aumento (+1,9%). Il dato positivo del 2016 è in larga parte attribuibile al comparto manifatturiero, che ha registrato una crescita del 2,1%. Le costruzioni mostrano invece un incremento dello 0,8%, e il terziario dell’1%. In flessione l’agricoltura dello 0,7%.
Peggiora, invece, il dato riguardante la nati-mortalità delle imprese registrate in regione. Il 2016 ha visto la nascita di 25.942 aziende contro le 27.401 cessazioni, con un saldo negativo di -1.459 unità che ha determinato un tasso di decrescita dello 0,32% (nel 2015 il tasso di crescita era stato dello 0,06%). Lo stock delle imprese emiliano romagnole al 31.12.2016 era pari a 460.120 unità, collocando l’Emilia-Romagna al quinto posto nella classifica nazionale dietro a Lombardia, Lazio, Campania e Veneto. Al 31 marzo 2017 le imprese registrate in Emilia Romagna sono risultate 457.255. rispetto alla fine del trimestre precedente sono diminuite di 2.865 unità, -0,6%. I dati della nati-mortalità delle imprese hanno un forte andamento stagionale, che nel corso del primo trimestre è solitamente negativo, ma ciò non toglie che la riduzione congiunturale rilevata al primo trimestre risulta la più ampia nel corso dell’ultimo triennio. Anche l’artigianato regionale soffre, registrando nello stesso periodo, un saldo negativo di 1.103 unità (-0,85%, da 129.161 a 128.058).
Per quanto riguarda, infine, il mercato del lavoro, il dato maggiormente positivo riguarda il tasso di disoccupazione, che nel 2015 si attestava al 7,7%, mentre nel 2016 è sceso al 6,9% e nel 2017 dovrebbe avere un’ulteriore flessione, andando al 6,5%”. (Fonte Unioncamere ER e Prometeia)
“Il contesto economico nazionale, viceversa – sottolinea Burioli – è ancora composto da luci e ombre, con una crescita al di sotto delle attese e, soprattutto, molto distante dalla media dei Paesi Euro (+1,7%). Le ultime rilevazioni ribadiscono che lo scorso anno il PIL corretto per gli effetti del calendario è aumentato su base annua dell’1,0% (il 2016 ha presentato due giornate lavorative in meno rispetto al 2015). La stima di crescita del PIL diffusa a marzo era pari al +0,9%. In termini tendenziali le importazioni di beni e servizi sono aumentate del 4,3% mentre le esportazioni del 3,8%. Gli investimenti fissi lordi del 4,2% e i consumi finali nazionali dello 0,9%. Sempre in termini tendenziali il valore aggiunto è cresciuto del 2,5% nel manifatturiero, dello 0,2% nelle costruzioni, dell’1,5% nelle attività del commercio, alberghi, pubblici esercizi trasporti e comunicazioni e dello 0,5% nelle altre attività dei servizi. E’ invece diminuito del 7,5% in agricoltura e dello 0,1% nel credito, assicurazioni, attività immobiliari e servizi professionali. (Fonte Istat)
Positivo l’andamento della movimentazione aziendale su scala nazionale. Il 2016 si è chiuso con 41mila imprese in più rispetto al 2015 e una crescita dello 0,7%. A determinare questo andamento, il più basso livello di iscrizioni dell’ultimo decennio (363.488 in 12 mesi) compensato però dal rallentamento delle chiusure (322.134). Grazie a questo saldo attivo, il sistema imprenditoriale a fine dicembre arriva a contare 6.073.763 aziende registrate. Da gennaio a marzo 2017, è cresciuto il numero delle nuove imprese che, nel complesso, sfiorano quota 116mila, il valore più alto in assoluto dei primi trimestri degli ultimi quattro anni. Rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso è tornato però a salire anche il numero delle imprese cessate che, quest’anno, ha toccato le 131.345 unità. Conseguentemente il saldo fra iscrizioni e cessazioni è risultato negativo per 15.606 unità, in peggioramento rispetto al 1° trimestre del 2016 e in controtendenza dopo un triennio in cui il bilancio trimestrale delle imprese – pur mantenendosi sempre in campo negativo – aveva mostrato segnali di progressivo recupero. Complessivamente il totale delle imprese presenti nei registri camerali alla fine di marzo risulta pari a 6.038.746 unità. Il primo trimestre si conferma in rosso anche per le imprese artigiane (-10.942 unità il saldo), ma la riduzione della base imprenditoriale è la più contenuta dell’ultimo decennio, conseguenza diretta di un numero di cessazioni sceso sotto la soglia delle 40mila unità, anch’esso il valore più basso fatto registrare negli ultimi dieci anni nell’universo artigiano. Il totale delle imprese artigiane ammonta a 1.327.006 unità. (Fonte Unioncamere)
Infine, il 2016 presenta su base annua la tendenza all’aumento del numero degli occupati (+1,1% su dicembre 2015, pari a +242mila). Nello stesso periodo aumentano i disoccupati (+4,9% pari a +144mila) e calano gli inattivi (-3,4% pari a -478mila)”. (Fonte Istat)
Ravenna
A Ravenna al 31 dicembre 2016, nel confronto con l’anno precedente, le imprese artigiane si sono ridotte di 103 unità, pari allo 0,96%, ad indicare che sono le imprese di minore dimensione e di alcuni settori a tipica vocazione artigiana a subire le conseguenze peggiori del perpetuarsi della crisi.
Rispetto all’intero tessuto produttivo provinciale, l’incidenza delle imprese artigiane passa dal 26,61% del 31/12/2015 al 26,88% del 31/12/2016. Ciò a fronte del fatto che – rispetto al decremento del Registro Imprese di 794 unità – le imprese artigiane sono diminuite di 103 unità, assestando per questo l’incidenza percentuale rispetto al Registro Imprese ai livelli registrati nell’ultima parte del 2002.
Da fine 2008 a fine 2016, il Registro Imprese registra un calo di 2.936 imprese, delle quali oltre il 50% sono imprese artigiane.
Rispetto al decremento dell’Albo i comuni della provincia presentano dinamiche e performance decisamente simili. Tra i comuni principali, si registrano risultati negativi per Ravenna (-1,28%), Faenza (-0,88%), Lugo (-1,06%) e Cervia (-0,78%). Per quanto riguarda le aree territoriali, la Romagna Faentina segna un -0,75% e la Bassa Romagna un -0,78%.
Andamento Albo per settori
Relativamente alle Sezioni e alle Divisioni di attività si riscontrano, pur se quasi tutte caratterizzate da un andamento negativo, anche per il 2016, differenze nei trend che caratterizzano i diversi settori.
L’agricoltura e l’industria alimentare (dati aggregati), registrano un incremento dell’1,76%. Un settore che torna a crescere dopo la contrazione registrata nel 2015. Un settore che fino a tutto il 2011 aveva visto un forte sviluppo, probabilmente anche grazie al consolidarsi di una certa riscoperta delle tradizioni e una maggiore e premiante attenzione manifestata dai consumatori nei confronti dei prodotti di qualità del territorio.
Il settore tessile-abbigliamento-calzaturiero registra una ulteriore contrazione e chiude a -1,95% rispetto al dato del 2015. Tale dato va contestualizzato nel ridimensionamento che ha caratterizzato il comparto nell’ultimo decennio. Indicativi, a tal proposito, i dati relativi al periodo 2005-2016, che riflettono un decremento di oltre il 25%.
La meccanica di produzione, uno dei settori maggiormente penalizzato dalla crisi economica, vede un decremento delle imprese del settore pari al 3,00%, confermando i trend negativi che hanno caratterizzato i 4 anni precedenti (-0,83% al 31/12/2015; -4,13% al 31/12/2014; -5,69% al 31/12/2013 e -4,43 al 31/12/2012).
Per quanto concerne il settore del legno (industria e lavorazione del legno e fabbricazione di mobili), dopo i forti decrementi dell’ultimo triennio, si registra un leggerissimo incremento, pari allo 0,6%.
Ragionando per aggregati, il settore manifatturiero (agroalimentare, sistema moda, meccanica e legno/arredo) registra una diminuzione dell’1,17%.
L’edilizia, vero traino della crescita dell’Albo delle Imprese Artigiane fino al 2008, prosegue la contrazione (-1,24%), confermando le forti difficoltà del settore. Dal 2008, il comparto ha “perso” oltre il 14% delle imprese registrate. Nell’ambito del comparto, segno meno per gli impiantisti elettrici ed elettronici (-0,63%), mentre per quelli idraulici incrementano del 2,63%: tale aumento è ascrivibile unicamente alla manutenzione di impianti di riscaldamento. Nel periodo 2008-2015, i due settori hanno registrato decrementi rispettivamente del 9,73 e del 4,04%.
Per quanto concerne il settore dei trasporti, il 2015 si chiude con un decremento delle imprese iscritte all’Albo dell’1,95%, da ascriversi esclusivamente al trasporto merci (90% delle imprese del settore). Oltre a tali dati inequivocabili, va evidenziata una ulteriore netta contrazione della redditività delle singole imprese dovuta principalmente alla riduzione delle tariffe di trasporto riconosciute dal mercato, con ripercussioni pesanti sulla sopravvivenza delle stesse.
Nella manutenzione e riparazione di auto e motoveicoli si registra una diminuzione dell’1,71%, che va a consolidare ulteriormente la contrazione in termini di imprese iscritte che caratterizza costantemente questo settore da ormai diversi anni, generato da un lato dalla crisi dei consumi privati che riducono gli interventi sul loro parco auto, non riparando i piccoli danni o evitando la manutenzione ordinaria del veicolo allo stretto necessario, e dall’altro dall’evoluzione tecnologica dei veicoli che impone una maggiore specializzazione con una conseguente concentrazione delle officine.
Nell’ambito delle attività professionali, si registra un -0,86% per il settore informatico: un ulteriore ridimensionamento dopo la battuta d’arresto di fine 2015 (-2,50%), per un settore che nel corso del 2014 era cresciuto di quasi il 2%.
Per quanto riguarda i servizi alla persona, oltre a un ulteriore decremento delle tinto-lavanderie (-5,95%), si registra un lieve decremento delle imprese di acconciatura (-0,42%), mentre le imprese di estetica aumentano considerevolmente (-4,62%). Va ricordato che questi due settori caratterizzano il comparto per quasi l’85% delle imprese registrate nell’ambito dei servizi alla persona.
A conferma della sempre maggiore tendenza delle Imprese a strutturarsi in forme complesse di organizzazione, per quanto riguarda la forma giuridica, va segnalato il confermarsi del costante aumento delle Società di Capitale, aumentate nell’ultimo anno di una percentuale di poco inferiore al 6%.
Occupazione
I dati relativi all’occupazione rilevati nel corso del 2016 evidenziano un incremento della forza lavoro del 6,72%.
Da fine 2008, l’occupazione segna una contrazione del 6,12%.
Questi dati si riferiscono a un campione rappresentativo di imprese artigiane e piccole imprese.
Relativamente ai principali settori dell’economia artigiana, l’edilizia, vero traino della crescita occupazionale fino al 2007, interrompe la decrescita occupazionale registrata nell’ultimo quinquennio, evidenziando al 31/12/2016 un incremento del 9,04%.
Incremento occupazionale importante anche per il settore impianti (+4,12%).
Sorprendentemente positivo l’andamento occupazionale per le attività inerenti all’auto e moto-riparazione (+12,91%), in controtendenza con la quasi costante contrazione registrata nell’ultimo quinquennio.
Il tessile calzaturiero registra un incremento occupazionale (+12,75%). Va sottolineato che il settore ha perso, negli ultimi 10 anni, oltre il 40% di occupati.
La meccanica di produzione esprime valori molto positivi (+6,09%). Questo incremento occupazionale, unito al decremento delle imprese registrate, può essere letto come una tendenza delle imprese più strutturate a ricominciare ad assumere addetti.
L’agricoltura e l’industria alimentare (dati aggregati), registrano un forte incremento, pari al 48,03%, interrompendo la decrescita occupazionale che ha caratterizzato il settore a partire dal 2012.
Di segno decisamente positivo l’andamento occupazionale per il settore dei trasporti (+3,90%), che va ascritto esclusivamente al settore del trasporto merci. Va qui ricordato che il settore ha perso dal 2008 quasi il 15% della forza lavoro.
Il settore dei servizi alla persona esprime un incremento sia per ciò che riguarda gli acconciatori (+7,62%), sia per gli estetisti (+1,85%).
Dopo una contrazione consecutiva per sette anni, per il secondo anno consecutivo cresce il numero di addetti extra nazionali occupati dalle piccole e medie imprese e dall’artigianato (+3,94%). Dal 2008 si registra una diminuzione di questa forza lavoro pari circa al 20%. Le nazionalità più rappresentative in termini di dipendenti extra nazionali sono, nell’ordine, quella rumena, albanese, marocchina, senegalese e moldava.
Meccanica di produzione, trasporti e impiantistica, si confermano come quelle attività che di più, rispetto ad altre, assorbono manodopera extra nazionale.
Ragionamento analogo va fatto per gli apprendisti, tradizionale modalità appositamente normata per l’assunzione di giovani da parte delle imprese artigiane. Da inizio 2008 a fine 2016, le assunzioni di apprendisti da parte delle imprese artigiane hanno subìto una riduzione pari quasi al 40%.
Credito e Investimenti
Altri importanti elementi di analisi per cogliere i segnali circa l’andamento dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa nella nostra provincia, si colgono dai dati resi disponibili dalla Banca d’Italia in merito al credito e agli investimenti.
Nel corso del 2015 sono stati concessi in ambito provinciale finanziamenti alle imprese per un valore inferiore dell’1,90% a quelli registrati al 31/12/2015.
Negli ultimi 5 anni si riscontra una diminuzione dei finanziamenti erogati di quasi il 7%.
In merito all’operatività dei finanziamenti concessi nel corso del 2016, circa il 75% dei finanziamenti si riferiscono a richieste per liquidità aziendale, consolidamento passività e acquisto scorte di magazzino, mentre solamente il 25% è stato invece impiegato per investimenti. Tale situazione conferma ulteriormente lo stato di crisi in cui versa il Paese, e riflette la necessità delle aziende, sempre più rivolte verso il sostegno finanziario per sopperire al calo degli ordini e/o delle commesse, che agli investimenti produttivi.
Si ricorda che nel 2008, il 66% dei finanziamenti concessi riguardavano investimenti produttivi (beni mobili/immobili strumentali), mentre il 34% concerneva la liquidità (linee correnti e consolidamento).
Fatturato
La CNA territoriale di Ravenna presenta anche per il 2016 i risultati di TrendER, osservatorio congiunturale della micro e piccola impresa promosso dalla CNA dell’Emilia-Romagna e dalla Federazione Banche di Credito Cooperativo. TrendER è realizzato con la collaborazione metodologica della sede regionale ISTAT di Bologna.
Il 2016 si chiude con una variazione negativa dello 0,44%, in controtendenza rispetto al trend di crescita del fatturato registrato a fine 2015.
Se si confrontano i dati di fine 2016 con quelli disponibili al 31/12/2008 si riscontra, comunque, un calo del fatturato superiore al 17%.
L’analisi del fatturato per settore evidenzia come le difficoltà di fine 2016 si concentrino nelle costruzioni e nei trasporti, anche se, meccanica e parte, tutti i settori sono lontani dal fatturato che avevano registrato nel 2008.