Il Centro Studi Divulga https://www.divulgastudi.it/divulga/ nel documento “Un anno di guerra” analizza come è cambiato il mondo in questi dodici mesi di conflitto in Ucraina e quali sono le conseguenze per la vita di imprese e famiglie.
- Un anno di conflitto
Siamo ormai giunti ad un anno dallo scoppio del conflitto in Ucraina e i primi dodici mesi di questa guerra hanno avuto impatti estremamente significativi sull’economia mondiale e in particolare su quella europea, che è apparsa più esposta di altre al rialzo dei prezzi del gas. Ma le operazioni di guerra non hanno coinvolto solo gli approvvigionamenti energetici dalla Russia, anche i sistemi agroalimentari vivono una pressione inedita, conseguenza del ruolo che i paesi interessati dal conflitto hanno nel sistema globale degli approvvigionamenti alimentari. Russia e Ucraina prima dello scoppio del conflitto rappresentavano, infatti, importanti bacini di approvvigionamento: circa il 34% delle esportazioni mondiali di cereali, il 17% di quelle di mais e oltre il 75% del mercato mondiale dell’olio di semi di girasole. Parliamo di circa il 12% delle calorie esportate nel mondo.
- L’altalena dei prezzi
La guerra ha inasprito la tendenza alla volatilità dei mercati. L’iniezione di liquidità utilizzata per sostenere la ripresa post pandemia aveva già favorito una certa corsa dei prezzi, che inevitabilmente è stata accelerata con l’invasione della Russia. Il blocco dei porti del Mar Nero e le reazioni commerciali che le parti hanno inevitabilmente posto in essere come arma di pressione, hanno sostenuto la rapida crescita delle quotazioni. Solo nei primi mesi del conflitto l’indice dei prezzi alimentari è cresciuto del 34% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (159,7 a marzo 2022 rispetto a 119,2 di marzo 2021).
- L’impatto sui costi
Non è solo una questione di accessibilità ai bacini di produzione, ma anche di costi, che hanno visto l’agricoltura vivere un anno particolarmente pesante. L’incremento ha riguardato, come detto il gas, cresciuto del 313% dopo i primi mesi del conflitto (marzo 2022 sullo stesso mese dell’anno precedente) e poi, solo nell’ultimo periodo, tornata ai livelli del pre-conflitto di gennaio 2022).
Nel mese di gennaio 2023, infatti, i prezzi di gas ed energia fanno segnare rispettivamente -24% e -2% rispetto a gennaio 2022.
- Nuove geografie per l’acquisto di fertilizzanti.
Prima dello scoppio del conflitto la Federazione Russa rappresentava il primo esportatore mondiale di fertilizzanti azotati, il secondo fornitore di fertilizzanti potassici (dopo il Canada) e il terzo di fertilizzanti a base di fosforo (dopo Cina e Marocco). Le tensioni commerciali di questi mesi hanno spinto verso un riposizionamento degli approvvigionamenti europei di fertilizzanti. Nei primi 10 mesi del 2022 le importazioni dalla Bielorussia sono crollate dell’80%, mentre Russia e Ucraina hanno segnato un calo rispettivamente del 15% e del 55%. La riduzione degli acquisti in questi paesi è stata accompagnata da un aumento delle importazioni dall’Algeria (+ 60%), con il paese nordafricano che guadagna il terzo posto per forniture di fertilizzanti all’Ue, preceduto dall’Egitto, che segna un +22% in seconda posizione. Degna di nota anche la crescita del Canada (+41%), che guadagna il quarto posto nel ranking degli approvvigionamenti Ue di fertilizzanti. La Russia continua, comunque, a rappresentare il principale bacino di approvvigionamento, con oltre 3,5 milioni di tonnellate giunte nell’Ue nei primi 10 mesi del 2022 (-575mila tonnellate rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente).
-
- La Black Sea Grain Initiative, una boccata d’ossigeno da 20 milioni di tonnellate di cibo
Come noto, lo scoppio del conflitto ha portato al blocco dei porti ucraini. Dopo un periodo di stallo e di forti preoccupazioni per i possibili impatti nelle aree più povere del mondo, il 22 luglio 2022 Russia e Ucraina hanno firmato a Istanbul la Black Sea Grain Initiative sotto l’egida di Onu e Turchia. L’intesa ha istituito un corridoio sicuro nel Mar Nero per l’esportazione di prodotti alimentari sancendo lo sblocco dei 3 porti ucraini di Yuzhny, Chornomorsk e Odessa, fermi dallo
scoppio del conflitto. L’Accordo è stato successivamente rinnovato nel mese di novembre 2022 per ulteriori 120 giorni.
Dalla sua entrata in vigore ad oggi, questa tregua ha garantito circa 20 milioni di tonnellate di prodotti agricoli e alimentari sui mercati mondiali. Di questi, oltre 9 milioni (46%) è mais, seguito da 5,7 milioni di tonnellate di frumento (29%) e da oltre 1 milione di tonnellate di olio di girasole (6%).
- La crisi alimentare in Medio Oriente e Nord Africa (Mena)
Gli effetti di questa tempesta perfetta stanno toccando in modo particolare quei paesi fortemente dipendenti dalle importazioni di cibo e fertilizzanti. In particolare, l’attenzione degli analisti è stata rivolta all’area del Medio Oriente e del Nord Africa (Mena). Prima dello scoppio del conflitto la loro dipendenza dalle importazioni russe e ucraine toccava il 44% per i cereali, il 50% per l’olio di girasole, il 21% per il mais e il 45% per l’orzo. La crisi alimentare innescata dal blocco delle esportazioni di cereali dai
porti ucraini ed il relativo aumento dei prezzi hanno fatto tornare di nuovo attuali i fatti che avevano caratterizzato la stagione delle primavere arabe. Gli ingredienti erano gli stessi: inflazione alle stelle e rischio di sommosse. Lo sblocco dei porti del Mar Nero ha permesso a questi paesi di respirare e, grazie all’Accordo siglato a Istanbul, sono state garantite oltre 9 milioni di tonnellate di prodotti ai Paesi in via di sviluppo, tra cui quasi tutti i Paesi dell’area Mena.
7.L’export agroalimentare Made in Italy, quali ripercussioni
Non sono mancate inoltre le ripercussioni sul fronte delle esportazioni di prodotti agroalimentari Made in Italy con la Russia che da anni, nonostante le misure restrittive dovute all’embargo avviato nel 2014, si conferma un importante sbocco commerciale per diversi prodotti italiani come il vino, la pasta e l’olio. Nei primi 10 mesi del 2022 le esportazioni di prodotti agroalimentari italiani verso Russia e Ucraina sono inevitabilmente calate, con un arretramento che ha visto diminuire le vendite di circa 100 milioni di euro. In termini relativi, in Ucraina la perdita è del 20%, mentre in Russia intorno all’8%. Diverso è il peso assoluto dei due bacini, con l’export verso la Russia che nei primi 10 mesi del 2022 ha sfiorato i 500 milioni di euro, mentre l’Ucraina si attesta sui 220 milioni di euro.