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Una spallata al gender gap in economia. Otto proposte di CNA Impresa Donna

“La CNA ha messo in campo un pacchetto di otto proposte per favorire l’impresa femminile ma una, in particolare, è quella che riteniamo rappresentativa del criterio con cui vorremmo affrontare il problema del grosso gap di genere che caratterizza l’economia italiana: una detrazione del 50% sui voucher per tutti i servizi di cura di qualsiasi genere”. Lo ha detto la presidente di CNA Impresa Donna, Maria Fermanelli, in occasione della tavola rotonda organizzata al Senato sul tema “Politica: sostantivo femminile singolare”. Una iniziativa che ha visto la partecipazione delle senatrici Nunzia Catalfo, Anna Rossomando (vice presidente del Senato) e Maria Virginia Tiraboschi.

“Questa detrazione – ha proseguito Fermanelli – avrebbe un grosso impatto sull’economia, e permetterebbe di contrastare il lavoro nero. Un’occasione economica per tutti, uomini e donne, che porterebbe maggiore coesione sociale oltre ad innalzare la qualità della vita di tutti i cittadini”.

Il nostro Paese – si legge in un comunicato di CNA Impresa Donna – non ha investito in maniera sufficiente nelle politiche sociali a favore della famiglia e non prevede una misura universalistica di sostegno ai figli. Esistono, inoltre, profonde differenze anche tra lavoratrici: il congedo di maternità obbligatorio, a esempio, prevede un’astensione dal lavoro di cinque mesi per tutte le lavoratrici, ma la copertura completa del reddito è riservata alle sole dipendenti.  E’ per correggere queste storture, almeno parzialmente, che CNA Impresa Donna ha preparato un pacchetto di proposte sulle politiche d’investimento e sulle politiche di azione, relativo alle lavoratrici autonome.

Eccole in sintesi:

Le politiche d’investimento

  1. Rendere detraibili al 50% tutte le spese di cura e di aiuto alla famiglia.
  2. Riforma dell’indennità di accompagnamento, attraverso l’introduzione della possibilità di scegliere tra prestazioni monetarie e servizi alla persona, al fine di consentire al beneficiario o alla sua famiglia di scegliere tra il contributo economico o fornitura di servizi domiciliari in forma organizzata ed erogati da diversi soggetti siano essi pubblici, privati o del terzo settore.
  3. Ridurre dal 22% al 5% l’Iva applicata ai servizi di welfare prestati dalle strutture private diverse dalle cooperative sociali e  dai loro consorzi.
  4. Riequilibrare la distribuzione dei fondi destinati alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, che attualmente vanno per il 90% alle lavoratrici dipendenti e per il 10% alle autonome.

Le politiche d’azione

  1. Rendere più flessibile l’offerta di servizi pubblici di welfare soprattutto rispetto agli orari e alle modalità di erogazione che risultano estremamente rigidi e sono scarsamente tarati sulle esigenze dei lavoratori dipendenti e dei loro ritmi più tradizionali.
  2. Riconoscere il “costo” del tempo dedicato alla formazione in termini di mancato guadagno, consentendo di dedurre dal reddito una somma aggiuntiva rispetto alla spesa sostenuta.
  3. Incentivare la creazione di reti territoriali di conciliazione vita/lavoro per servizi di welfare per la famiglia e per l’infanzia che prevedano la collaborazione pubblico/privato.
  4. Attivare un tavolo tecnico permanente presso il dipartimento Pari opportunità della presidenza del Consiglio sull’imprenditoria femminile e sulle politiche di welfare. Istituire una commissione parlamentare bicamerale per i diritti delle donne e l’uguaglianza di genere.

 

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