“Nel contesto internazionale l’Italia si posiziona come un grande Paese manifatturiero, quinto per surplus commerciale nel mondo e con un potenziale di crescita straordinario. Ma se l’export dal 2001 è cresciuto di oltre 150 miliardi di euro è pur vero che il grado di internazionalizzazione della nostra economia è ancora di 15 punti inferiore a quello della Germania. Sono dati che ci ricordano la necessità di uno sforzo come sistema-Paese per rafforzare la nostra economia”. Lo ha detto in un’intervista all’Agenzia stampa AGI il presidente della Cna, Daniele Vaccarino, analizzando le prospettive delle micro, piccole e medie imprese alla luce della Brexit e di una internazionalizzazione che diventa sempre più decisiva per salvaguardare il tessuto produttivo nazionale. Ma quali strategie privilegiare? “Sull’internazionalizzazione – ha spiegato Vaccarino – è necessario potenziare il piano straordinario per il Made in Italy ponendo particolare attenzione al sostegno alle piccole imprese che in questi anni hanno dimostrato grande dinamismo anche su mercati non tradizionali. Detto questo, riteniamo importante proseguire con il piano di investimenti promozionali negli Usa, un mercato che apprezza in maniera particolare il Made in Italy, come dimostra il significativo +11,2% registrato quest’anno a fine marzo rispetto allo stesso periodo del 2015.
Non mancano comunque le difficoltà, ha proseguito il numero uno della Cna. “L’anno scorso è stato un anno record per le esportazioni italiane. Il 2016 si presenta invece molto piuù difficile, in particolare nei Paesi extra Ue. Le difficoltà stanno colpendo realtà finora immuni dalla crisi. Nel contempo, emergono mercati ad alta potenzialità sui quali è necessario e possibile costruire progetti di medio periodo. Penso, a esempio, all’Iran, Paese dalle grandi potenzialita’ dove si deve lavorare avendo però come orizzonte temporale almeno un biennio”.
Sta di fatto, ha proseguito Vaccarino che in Italia “a differenza degli altri Paesi europei, l’export è guidato dalle Pmi. Tra le imprese manifatturiere esportatrici italiane, 88.952 in tutto, quelle sotto i 50 addetti sono nove su dieci: 79.947 (89,9%).Guardiamo i dati Eurostat. In Germania, le Pmi esportatrici sono 46 mila, il 67% del totale delle manifatturiere nazionali che esportano. Anche se si guardano le micro-imprese sotto i 10 addetti l’Italia mantiene lo stesso vantaggio, con 44.749 aziende esportatrici, a fronte delle 24.209 tedesche. Le piccole e medie imprese manifatturiere tricolori trainano anche la categoria in Europa: sul totale delle Pmi europee che vendono all’estero i loro prodotti, una su quattro (25,3%) è italiana; quelle tedesche sono il 14,5%; seguono, a distanza, le imprese francesi (7,8%), britanniche (6,9), polacche (6,8%) e spagnole (6,1%)”.
Apprezzata dalla Cna è stata quindi l’iniziativa che il ministero dello Sviluppo economico ha lanciato lo scorso anno con il bando nazionale per i temporary export manager. “Auspichiamo – ha detto Vaccarino – che possa essere ripetuta anche quest’anno e possibilmente con una dotazione finanziaria maggiore”. “Già una indagine di Unioncamere di qualche tempo fa aveva messo in evidenza l’esistenza di una vasta platea di altre 70mila imprese potenziali esportatrici. In aggiunta, la crisi, che ha picchiato molto duro, ha ridotto o fatto venir meno il mercato di riferimento per molte imprese, obbligandole a guardare anche all’estero. Ecco quindi che, per la Cna, l’offerta di assistenza commerciale alle imprese, attraverso interventi di consulenza mirati e personalizzati (i temporary export manager), si è rivelata da tempo un efficace strumento per rispondere ad una esigenza – espressa e talvolta latente – di una platea crescente di aziende, che individuano nella funzione commerciale e di presidio dei mercati esteri una delle proprie principali debolezze”.