La CNA si schiera contro il prolungamento dello split payment, necessario secondo il governo a reperire risorse per la manovra correttiva. E il presidente, Daniele Vaccarino, scrive direttamente al commissario Ue, Pierre Moscovici, per esprimere “la preoccupazione di oltre due milioni di imprese italiane, che vedono la loro sopravvivenza fortemente messa a rischio dalla richiesta avanzata dall’Italia alla Commissione di prorogare ed estendere per un ulteriore triennio il meccanismo per la liquidazione dell’Iva”.
“In una situazione già fortemente compromessa dall’irrisolta prassi dei pagamenti tardivi della pubblica amministrazione italiana nonché dalla stretta creditizia, che perdura a danno delle imprese di minore dimensione – scrive Vaccarino – il meccanismo entrato in vigore il 1 gennaio 2015 ha fortemente aggravato l’equilibrio finanziario delle imprese che effettuano cessioni di beni e prestazione di servizi nei confronti delle pubbliche amministrazioni”.
Secondo i dati del Mef, prosegue Vaccarino, nei primi due anni di applicazione dello split payment, le ripercussioni finanziarie sulle imprese sono state “particolarmente pesanti”. Tra il 2015 ed il 2016 le imprese – circa due milioni – che hanno fornito beni e servizi alla PA “hanno registrato un ammanco finanziario di circa 18,5 miliardi dovuto all’Iva non incassata a fronte della necessità di recuperare 13 miliardi di Iva pagata ai propri fornitori”.
Lo split payment “incide profondamente sul principio fondante dell’Iva, rappresentato dalla neutralità del tributo sulle imprese che generano il valore aggiunto tassato. Neutralità che viene lesa, non già per la mancata detraibilità dell’Iva pagata sulle fatture emesse dai fornitori che viene comunque riconosciuta, ma dalla difficoltà di recuperarla in tempi ragionevoli, senza incidere sull’equilibrio finanziario delle imprese”.
Infatti, spiega ancora il presidente della CNA nella lettera inviata per conoscenza anche Valdis Dombroviskis e ad Antonio Tajani, “nonostante l’impegno assunto dall’Italia, i tempi di recupero tramite compensazione o rimborso dell’Iva restano eccessivamente lunghi”. I finanziamenti bancari per recuperare la liquidità persa “sono costati alle imprese interessi per circa 650 milioni di euro”.
“Si tratta quindi – conclude Vaccarino – di un provvedimento che appare profondamente iniquo e sproporzionato, perché penalizza indiscriminatamente i contribuenti, con la giustificazione della lotta all’evasione che è già esercitata attraverso l’uso di strumenti già operativi”.
Inoltre, la richiesta di proroga effettuata dal Governo italiano “risulta incoerente rispetto alle rassicurazioni fatte dall’Italia nel 2015 alla Commissione. Nel 2015 l’Italia, infatti, in occasione della richiesta di autorizzazione alla Ue per l’applicazione dello split payment, aveva rassicurato la stessa Commissione escludendo la necessità di chiedere un rinnovo dell’autorizzazione alla misura di deroga, potendosi avvalere della fatturazione elettronica quale strumento di controllo dell’evasione nel settore pubblico, ormai pienamente attuato (Decisione 2015/1401 del Consiglio del 14 luglio 2015)”.